Fazenda Paineiras da Ingaí -
Búfalos Murrah Leiteiros |
|
Alimentazione
della bufala da latte |
Introduzione
Il bufalo è originario delle zone tropicali e
attualmente oltre il 90% dei capi allevati è presente tra i due tropici dove
umidità relativa e temperature (difficilmente al di sotto dei 18 °C) sono
alte, il periodo invernale-primaverile è secco mentre quello estivo autunnale
è di solito caldo e piovoso.
Grazie a questa sua origine, le alte temperature
ambientali, a differenza di quanto si verifica per le razze bovine europee,
non interferiscono con la sua omeostasi e con il suo benessere. Autori
egiziani (Kamal et al., 1993) hanno dimostrato che durante l'estate, vacche di
razza Frisona rispetto alle bufale incrementano in misura maggiore la
temperatura rettale (1.05% vs 0.53%) e la frequenza respiratoria (36.36% vs
10%), perdono più peso (22.9% vs 6.8%) e presentano valori dell'ematocrito più
elevati. Questi riscontri dimostrano che il bufalo risente meno della vacca da
latte dell'effetto delle alte temperature. Le zone di origine della bufala
risultano particolari non solo per il clima ma anche per le essenze pabulari
spontanee; queste ultime (Camarão et al., 1987) sono rappresentate in gran
parte da graminacee con basso tenore proteico (6-10% di P.G., a seconda dello
stadio vegetativo) e con un contenuto di energia netta (NEl) compreso tra
765-1275 kcal (NEl 3.2-5.3 MJ) per Kg di sostanza secca (s.s.).Tali pabulari,
che per lo più sono state importate dall'Africa, si riscontrano in America
latina (Venezuela, Brasile e Argentina) e in Australia, territori dove la
bufala è allevata allo stato brado in allevamenti di grosse dimensioni
(Cabrera, 1985).
Una realtà diversa si riscontra in Asia e in
Egitto dove prevalgono le aziende di tipo familiare (Soni, 1991) e il
razionamento si basa sull'impiego di sottoprodotti e, limitatamente al periodo
delle piogge e in prossimità dei corsi fluviali o nelle zone irrigue, sul
trifoglio (Abou-akkada, 1993; El-Basiony, 1993; Abou-Akkada, 1988)
alessandrino, foraggio ad alto tenore proteico ed energetico (NEl
= 1190 kcal 4.98 MJ per kg/s.s.).
Tale realtà, tuttavia, va nettamente migliorando in alcune
aree dell'India, del Pakistan e dell'Egitto zootecnicamente più progredite.
Alcuni autori (Kamal et al, 1993) affermano che
il bufalo rispetto al bovino si adatta meglio
al clima delle aree tropicali, alle avverse condizioni della palude, e ciò
che più importa, presenta una migliore capacità di utilizzazione dei foraggi
con alto contenuto in pareti cellulari (Devedra, 1972; Johnson, 1982).
Quest'ultima affermazione non sempre è stata confermata da studi più recenti
sulla digeribilità (Abdullah et al, 1989; Raghavan, 1982). In particolare da
ricerche esperite in Italia è emerso che solo con diete ad alto (35,5%)
contenuto di ADF (70% di foraggi sulla s.s.) l'utilizzazione digestiva della
sostanza organica e delle frazioni fibrose è maggiore nei bufali vs gli ovini.
Le differenze tra le due specie, però, si annullano e gli ovini utilizzano
meglio i protidi grezzi (Di Lella T., 1997) allorché le diete sono meno
ricche di ADF (< 24%).
Secondo Bartocci et al. (2000) con diete a
diverso rapporto foraggio concentrato è sempre il bovino a digerire meglio la
fibra grezza nonostante che il
bufalo presenti una maggiore capacità ruminale cui fa riscontro, tuttavia,
una minore lunghezza dell'intestino vs il bovino.
E’
da supporre, pertanto, che la differente capacità di utilizzazione dei
foraggi - tra bufalo e altri ruminanti - sia di scarso momento nella pratica
del razionamento in quanto all'aumentare del livello produttivo è necessario
ridurre l'incidenza dei componenti fibrosi.
Il maggiore incremento numerico del bufalo vs il bovino ai
tropici, pertanto, non dipende, contrariamente a quanto affermato nel passato,
dal fatto che esso digerisca meglio le frazioni fibrose dei foraggi nonostante
che il suo stato di benessere non risulti penalizzato proprio là dove le alte
temperature, accelerando il processo vegetativo, peggiorano rapidamente (in
pochi giorni o addirittura in poche ore) il valore nutritivo delle pabulari
proprio per l'incremento delle frazioni fibrose. A nostro avviso il confronto
tra bovino e bufalo deve tenere conto, per quanto finora riferito, del loro
adattamento alle caratteristiche ambientali, della coincidenza tra fotoperiodo
- attività riproduttiva e rigoglio vegetativo delle pabulari ed in
particolare delle foraggere spontanee.
Nelle aree dei Paesi tropicali gli animali scarsamente
produttivi adeguano la produzione alle disponibilità alimentari fornendo
normalmente prestazioni al di sotto delle loro già basse capacità mentre
quelli più' produttivi, soprattutto nella prima fase di lattazione e nel caso
in cui la dieta e/o il pascolo non dovesse apportare i nutrienti di cui essi
necessitano, cercano di mantenere la loro produzione utilizzando le proprie
riserve.
Dal confronto tra la composizione chimica dell' FCM 4% con
quello ECM emerge che quest'ultimo è caratterizzato da un più basso tenore
in proteine (26,47 vs 31,0 g, rispettivamente) e P (0,9 vs 0,7). Ne consegue
che:
¨
a
parità di energia prodotta con il latte, di peso vivo e di assunzione
giornaliera di sostanza secca, la bovina necessita di una dieta caratterizzata
da un più alto tenore in proteine e P;
¨
a
parità di tenore proteico della dieta la bufala produce la stessa quantità
di proteine, una maggiore quantità di Ca (mediamente > 15%) e una minore
quantità di P (< 8%);)
¨
a
parità di energia endogena o esogena la bovina produce più proteine con il
latte (> 17%).
Le suddette
differenze si accrescono se, come di solito accade nelle zone tropicali dove
si alleva lo zebù, il bufalo è più grande del bovino; in questo caso quest’ultimo
necessita di una dieta caratterizzata da una concentrazione proteica ancora più
elevata.
Tabella 1 Composizione del latte bovino e bufalino e
fabbisogni. |
||||
Composizione
del latte Milk
composition |
4% FCM Bovino/Bovine |
Latte di Bufala/ Buffalo milk |
ECM Bufala/Buffalo |
|
kcal /kg |
740 |
1258 |
740 |
|
MJ /kg |
3.13 |
5.26 |
3.13 |
|
Proteine/proteins
(g/kg) |
31 |
45 |
26.47 |
|
Lipidi/lipids
(g/kg) |
40 |
87 |
51.18 |
|
Lattosio/lactose
(g/kg) |
48 |
48 |
28.16 |
|
Ca
(g/kg) |
1.2 |
2.0 |
1.18 |
|
P
(g/kg) |
0.9 |
1.2 |
0.71 |
|
kcal/g proteine/kcal/g proteins |
23.9 |
28 |
28 |
|
Fabbisogni/kg
latte |
|
|
|
|
PDI *
(g) |
48 |
70 |
41 |
|
UFL** |
0.44 |
0.74 |
0.44 |
|
NEL
(MJ) |
3.13 |
5.26 |
3.13 |
|
Ca
(g) |
3.5 |
5.80 |
3.43 |
|
P
(g) |
1.7 |
2.3 |
1.33 |
*PDI =Proteine
digeribili intestinali/ True Protein truly digestible in the small intestine.
** UFL = NEL 1700 kcal o/or NEl 7.11 MJ
Da quanto finora riferito è facile intuire che, se non si tien conto
della differente capacità di sintesi proteica a livello ruminale delle due
specie, in carenza di energia e a parità di apporto proteico della dieta la
produzione di proteine con il latte sarà la stessa nelle due specie ma sarà
la bufala a produrre più energia purché essa possa attingere alle sue
riserve. A parità di soddisfacimento energetico ma con diete povere in
proteine sarà la bovina a perdere più peso in quanto dovrà attingere alle
sue riserve proteiche in misura maggiore della bufala per produrre con il
latte la quantità di energia consentitale dalla dieta.
Nelle aree tropicali ricordiamo ancora una volta
che il clima è caratterizzato da un regime pluviometrico molto intenso
durante l'estate che va attenuandosi in autunno e risulta scarso durante
l'inverno e la primavera; la temperatura, peraltro, è relativamente bassa in
inverno e alta nelle altre stagioni ed in primavera in particolare. Con le
dovute eccezioni il rigoglio vegetativo delle pabulari (Fig. 1 e 3) è intenso
in estate e va declinando fino alla fine dell'autunno; in inverno, di solito
l'unica risorsa foraggera è rappresentata dalla canna da zucchero e dalle
pabulari che si trovano ad uno stadio vegetativo quiescente, sono poco
appetibili, ricche in pareti cellulari e povere in proteine e minerali (tab.2
e 3). La stessa canna da zucchero è una risorsa che se utilizzata da sola è
autolimitante in quanto, per l'alto tenore in saccarosio, provoca acidosi
subcliniche che deprimono l'ingestione.
Le specie botaniche più diffuse utilizzate
nell'America latina per l'alimentazione dei ruminanti appartengono alla
famiglia delle graminacee del genere Brachiaria che, perfino durante il
rigoglio vegetativo, presentano una sostanza secca con il 6-10% di proteine e
0,45 - 0,75 UFL (765-1275 kcal di NEl - 3.2-5.3 MJ)/kg. In India, Pakistan ed
in Egitto nelle aziende di tipo familiare è disponibile, come già riferito
nella parte introduttiva di questo contributo, trifoglio alessandrino nella
stagione umida il cui impiego non sempre risulta razionale.
L'eccesso proteico quasi sempre non proporzionale ad un adeguato
livello di energia della dieta determina, tra l'altro, affezioni podali negli
zebù ma non nei bufali.
Se
si ipotizza, in funzione di quanto finora riferito, una produzione di 10 kg di
latte standard e un'ingestione di circa 12,4 kg di sostanza secca, occorre,
per soddisfare i fabbisogni rispettivamente della vacca e della bufala, un
foraggio con l'11,7 e il 10,7% di proteine, lo 0,524 e lo 0,516% di Ca, lo
0,315 e lo 0,282% di P sulla s. s.. Ne deriva che, soprattutto all'esordio
della lattazione, è la vacca ad essere maggiormente penalizzata (Tab. 4).
Nei Paesi tropicali a Nord dell'Equatore per la sensibilità
della bovina al fotoperiodo positivo, l'epoca di parto (Fig. 2) coincide (Shah,
1990) con la penuria di foraggi (Fig. 1) mentre il periodo dell'asciutta con
la disponibilità foraggera. Le carenze riguardano soprattutto la mancata
copertura del fabbisogno proteico e minerale che comportano una ritardata
ripresa del ciclo riproduttivo e un notevole dimagramento.
Condizione diametralmente opposta si verifica
nella bufala (specie a fotoperiodo negativo) in quanto il periodo della
lattazione è in sincronia con la disponibilità foraggera (Zicarelli, 1997;
Zicarelli, 1999) mentre l'asciutta coincide con la stagione secca (Shah,
1990).
Le ipotetiche carenze riportate in tab. 4 vanno
interpretate, pertanto, tenendo conto che esse si verificano per la bufala nel
periodo umido e per la vacca in quello secco, a causa della diversa
stagionalità riproduttiva delle due specie e ciò accresce il vantaggio della
bufala vs la bovina.
Nei Paesi tropicali a Sud dell'Equatore il
fenomeno si inverte (Fig. 3) in quanto la stagione dei parti è compresa tra
febbraio e maggio nella bufala (Fig. 4), che può utilizzare le riserve
accumulate tra novembre e febbraio, e tra settembre e dicembre nello zebù
tenuto allo stato brado.
Il più breve periodo di lattazione e il più lungo periodo
di asciutta (rispettivamente un mese in meno e due mesi in più) consente alla
bufala un maggior periodo di ristoro e quindi l'accumulo di riserve corporee
che possono essere utilizzate nella successiva lattazione (Zicarelli et al.,
1977). E' verosimile che quanto affermato è valido per entrambe le specie
solo a parità di condizioni alimentari e a parità di lunghezza
dell'intervallo interparto.
Tabella
2 - Composizione chimica (sulla sostanza secca) delle pabulari (soprattutto
Brachiaria umidicola) in Brasile nel periodo autunno - inizio
primavera (3). |
|||
Periodo/period |
Aprile
- Maggio (April-May) |
Giugno
- Luglio (June-Yule) |
Agosto
- Settembre (August-September) |
P |
0,1
- 0,15 |
0,05
- 0,1 |
<
0,05 |
Proteine/proteins |
5,0 |
4,0 |
<
3,0 |
S.N.D. |
45 |
40 |
<
35 |
N.D.F. |
70
- 75 |
75
- 80 |
>
80 |
Tabella 3 - Tenore (% sulla sostanza secca) in Calcio
e Fosforo nelle pabulari più diffuse in Brasile
(3). |
||
|
Ca |
P |
Pascolo
comune/pasture |
0,30 |
0,15 |
Napier |
0,35 |
0,19 |
Capineira |
0,35 |
0,17 |
Canna
da zucchero/sugar can |
0,14 |
0,03 |
Tabella 4 - Fabbisogni per 10 kg di latte corretto
(740 kcal) e relativi deficit vs i fabbisogni ipotizzando un'ingestione
di 12,4 kg di sostanza secca di pabulari spontanee in aree tropicali nel
periodo umido (U) e nel periodo secco (S). |
||||||||
|
Pg,
Ca e P in 12,4 kg di ss/ CP, Ca and P in 12,4 kg of DM |
Bufala |
Bovina |
|||||
|
|
|
Fabbisogni |
Deficit |
Fabbisogni |
Deficit |
||
Periodo/Period |
U |
S |
|
U |
S |
|
U |
S |
PG
/CP(g) |
1100 |
620 |
1330 |
230 |
710 |
1450 |
350 |
830 |
Ca
(g) |
43 |
33 |
64 |
21 |
31 |
65 |
22 |
32 |
P(g) |
22 |
13 |
35 |
13 |
22 |
39 |
17 |
26 |
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In
sintesi se si tiene conto della composizione chimica media del pascolo durante
l'anno nelle aree tropicali si può affermare che, per l'alto rapporto energia
proteine, i foraggi di queste aree, soddisfano meglio i fabbisogni della
bufala vs quelli della bovina. A parità di energia prodotta con il latte,
diete carenti in proteine determinano nella vacca una perdita di peso
superiore a quella che si verifica nella bufala.
Il catabolismo di 1 kg di peso vivo fornisce
l'energia necessaria alla produzione di 8 kg o di 4 kg di latte FCM per
carenze rispettivamente di natura energetica o proteica (Jarrige, 1988; Piana,
1990). Dal momento che la deficienza energetica interessa la bufala da latte
mentre quella proteica la bovina, almeno ai tropici, l'utilizzazione delle
riserve corporee determina nella bufala la produzione di una quantità di
latte FCM che è teoricamente doppia vs quella della vacca.
Per il reintegro del kg di peso vivo occorrono
4.5 UFL (o 7650 kcal di NEl). Se la suddetta energia non sarà disponibile
nella fase di reintegro si avranno riflessi
negativi sullo stato di salute e sulla fertilità.
In funzione di quanto finora esposto appare
chiaro perchè nelle zone tropicali la condizione corporea della bufala è
notevolmente migliore di quella che presenta la vacca e di conseguenza il
tasso di fertilità della prima è nettamente più elevato della seconda.
Nelle aree difficili la bufala risulta più produttiva della
vacca. In ogni caso se la disponibilità alimentare lo consente la bufala
produce la stessa o una maggiore quantità di energia mentre la produzione di
proteine risulta più bassa. La campionessa italiana, ad esempio, nel 1998 ha
prodotto 9.287 kg di ECM e 254 kg di proteine; la suddetta quantità di di
proteine sarebbe stata prodotta con 7.580 kg di FCM 4% da una vacca.
Attualmente, pertanto, il limite produttivo del bufalo consiste in una più
bassa capacità di sintesi proteica a livello mammario vs la vacca.
Ingestione
di sostanza secca
Le differenti tecnologie di allevamento nelle diverse aree in cui la
bufala è presente non consentono di poter estrapolare a pieno le esperienze
effettuate in merito ai fabbisogni dei diversi principi nutritivi.
Analogamente anche la tecnica di razionamento, che rappresenta l'applicazione
diretta dei fabbisogni nelle diverse fasi produttive, deve tener conto di una
serie di fattori tra cui anche il prezzo del latte rapportato ai costi di
alimentazione. La nostra esperienza deriva da prove sperimentali e da
osservazioni in campo effettuate su allevamenti di punta che sono seguiti dal
nostro Dipartimento.
I dati circa l'assunzione di sostanza secca nella
bufala da latte sono molto contrastanti. Ciò dipende dal fatto che quasi
sempre il livello di ingestione non viene commisurato al periodo di lattazione
in cui è esso stato registrato, al livello produttivo e al peso vivo delle
bufale, al tenore in frazioni fibrose che regolano l'assunzione di sostanza
secca e al B.C.S. all'inizio del periodo di osservazione. Non
bisogna, pertanto, meravigliarsi se accanto a livelli di ingestione del 2,2 -
2,6% (Ranjhan, 1992; Bertoni, 1992; Verna et al., 1993) se ne riscontrano
altri pari al 2,7 - 3,4% (Di Palo, 1992) e al 2,9 - 3,1% del peso vivo (Di
Lella, 1998).
In prove effettuate da Campanile et al. (1997a,
1997b) è emerso che l'assunzione di sostanza secca è influenzata
negativamente dal contenuto in pareti cellulari della dieta (ADF, NDF, ADL) e
positivamente dalla produzione lattea. Con diete caratterizzate da un tenore
in ADF del 27 ÷ 28%, di NDF del 49 ÷ 45% e da una incidenza di foraggio del
46 ÷ 55% sulla sostanza secca (s.s.) l'ingestione di s.s., al netto di quella
necessaria per il mantenimento (91 g per kg di peso metabolico), è pari a 275
g per kg di latte ECM. Nonostante la cospicua presenza di pareti cellulari,
l'assunzione di s.s. se viene
rapportata alla quantità di ECM prodotta non si discosta molto dai valori che
normalmente si riscontrano nella bovina da latte. A differenza di questa, la
bufala ingerisce più velocemente, grazie al maggiore sviluppo degli incisivi,
e rumina per più tempo (Campanile et al., 1977b); ciò le consente di
assumere diete più ingombanti che vengono sottoposte ad un maggior tempo di
ruminazione.
Le suddette osservazioni, confermate quasi sempre
in campo, lasciano, almeno in linea teorica, prevedere l'ingestione di
sostanza secca della mandria. Con diete con minore contenuto in pareti
cellulari i livelli di ingestione si modificano di poco, e in qualche caso si
deprimono, soprattutto quando l'aumento della densità energetica si ottiene
con alimenti ad elevata fermentescibilità che comportano un innalzamento
della glicemia. E’ verosimile che valori glicemici superiori a 70 mg/100 ml
esercitano un'influenza negativa sui centri regolatori dell'appetito.
Ancora oggi, tuttavia, resta molto da verificare
su questo aspetto in quanto inspiegabilmente si osserva in campo, a parità di
stagione, di produzione, di peso vivo, di incidenza di primipare, di distanza
dal parto e di caratteristiche della dieta che alcune mandrie risultano
particolarmente voraci mentre altre, nonostante siano più produttive,
presentano livelli di ingestione contenuti. Frequentemente ciò deriva dal
fatto che il consumo dipende anche da precedenti regimi alimentari, non sempre
accertabili, che inducono i soggetti a modificare l'ingestione per raggiungere
la condizione corporea più consona allo stadio fisiologico del momento.
A conferma di quanto riferito riportiamo nelle
figure 5 a e b l'andamento del peso vivo e la differenza tra l'energia assunta
e quella prodotta giornalmente con il latte di due gruppi (A e B) di 6 bufale
sottoposte a due diete che differivano per tenore in proteine grezze (A =
14,95% vs B = 17,51%), in NDF (A = 48,6% vs B = 44,9%) e per percentuale di
foraggio sulla s.s. (A = 46,1% vs B = 54,5%). Le bufale del gruppo A hanno
presentato andamento del peso vivo del tutto prevedibile quelle del gruppo B
hanno perso peso verso la fine della lattazione e hanno prodotto una quantità
di latte superiore all'energia assunta con la s.s.. Non è stato possibile
accertare le cause di quanto osservato. Il minor tasso di concepimento delle
bufale del gruppo B potrebbe essere alla base di una ritardata flessione della
produzione a fine lattazione e ciò potrebbe spiegare, ma solo in parte, il
fenomeno alquanto anomalo.
E' sempre opportuno, pertanto, verificare in
campo l'effettiva capacità d'ingestione della mandria per adeguare ad essa le
caratteristiche della sostanza secca della dieta. Per quanto riguarda la
stagione va precisato che, a differenza di quanto si verifica nella vacca da
latte, le temperature estive non espletano un effetto marcatamente negativo
sul livello di ingestione a patto che le bufale possano disporre di ombra e
piscine.
Un discorso a parte merita, invece, la distanza
dal parto media della mandria in quanto essa varia nel corso dell'anno sia
nelle mandrie destagionalizzate sia in quelle caratterizzate dalla tipica
stagionalità della specie. Nel primo caso la distanza dal parto risulta
mediamente di 200 giorni nel mese di gennaio per poi decrescere a 100 giorni
nel mese di luglio ed allungarsi successivamente fino a dicembre, mese in cui
la mandria raggiunge nuovamente, e in molti casi supera, i 200 giorni. Nel
secondo caso i valori più elevati si riscontrano tra giugno e luglio mentre i
più bassi tra gennaio e febbraio (Zicarelli, 1999a).
La produzione media pro capite e la composizione
chimica del latte variano, pertanto, di continuo soprattutto nelle mandrie
caratterizzate da una buona fertilità e da un addensamento dei parti delle
primipare in soli 2 mesi. E' proprio in queste mandrie che il consumo di
sostanza secca cambia di continuo ed occorre modificare frequentemente le
caratteristiche della dieta.
Veramente rare risultano, invece, le mandrie che
presentano una distanza dal parto omogenea nel corso dell'anno similmente a
quanto si verifica negli allevamenti di bovine da latte di consolidata
formazione.
Le mandrie bufaline in cui si riscontra tale caratteristica
sono quelle in cui l'incidenza delle primipare è elevata o l'ipofertilità è
maggiormente presente; in esse la distanza media dal parto è più lunga, la
composizione chimica del latte è più omogenea nel corso dell'anno ma la
produzione è livellata verso il basso.
Analogamente a quanto si riscontra nella bovina
da latte, nella prima fase della lattazione (nei primi 50 giorni circa) si
registra una minore assunzione di s.s. che comporta anche nella bufala una
perdita di peso. A tal proposito va ricordato che questo fenomeno, a nostro
avviso, è da ricondurre a un comportamento ancestrale della vita selvatica
che si osserva, in maniera più o meno intensa, in tutti gli animali domestici
(Zicarelli L., 1999b ).
Grazie ad esso le specie hanno potuto sopravvivere: per poter proteggere la
prole dai predatori la fattrice doveva limitare gli spostamenti e quindi la
ricerca del cibo anche se le esigenze nutrizionali nel post-partum aumentavano
di giorno in giorno. Nel tempo ciò ha favorito la
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Nel selezionare gli individui con maggiore
attitudine alla galattopoiesi l'uomo ha verosimilmente scelto soggetti in
grado di utilizzare al meglio le riserve accumulate durante l'asciutta.
L'acquisizione di questo concetto è importante
per effettuare un corretto razionamento nel puerperio. La vacca da latte ad
alta produzione, ad esempio, è in grado di attivare efficientemente i
suddetti meccanismi catabolici. E' noto, infatti, che nel periodo in cui la
capacità di ingestione è ridotta essa può attingere alle sue riserve
perdendo oltre 1 kg di peso al giorno; ciò le consente di far fronte a un
deficit di oltre il 20-30% dei suoi fabbisogni senza per questo penalizzare la
produzione. Nella bufala la capacità catabolica è più ridotta e ciò
comporta, nel caso di mancata copertura dei fabbisogni, la riduzione della
produzione lattea per deficit che la bovina ad alta produzione è in grado di
sopportare molto meglio. In altri termini la bufala possiede un "habitus
catabolico" che è mediamente meno pronunciato della bovina da latte ad
alta produzione. Il suo metabolismo lipidico, finalizzato a tesaurizzare
scorte per eventuali periodi di scarsa disponibilità foraggera (tipico degli
animali originari dei climi eccessivamente caldi o eccessivamente freddi), non
favorirebbe la galattopoiesi a scapito del suo "benessere". Va detto,
tuttavia, che le bufale che producono oltre 40 q di latte posseggono capacità
cataboliche più spiccate e, a parità di dieta, si distinguono nel gruppo per
valori più bassi di BCS.
2)
della gerarchia che
esiste nei gruppi e quindi della competitività e dell'aggressività che
esercitano alcuni soggetti a scapito di altri (sarà tanto maggiore quanto
maggiore è la differenza di età nella mandria);
3)
dall'utilizzo o
meno del pascolo;
4)
dal management e
quindi del rapporto uomo animale.
A tal proposito riferiamo che, secondo la nostra esperienza,
l'aggressività che esiste nella mandria cresce al diminuire dello spazio a
disposizione e all'aumentare del numero di ore in cui la mangiatoia resta
vuota. Ne consegue che i razionamenti che non determinano spreco energetico
agiscono indirettamente aumentando i fabbisogni in quanto il gruppo risulta
"più vivace" soprattutto quando, come accade in Italia, le bufale
non sono decornificate.
L’influenza dei fattori summenzionati è
difficilmente quantizzabile; in linea prudenziale riteniamo validi
supplementazioni energetiche, rispetto ai fabbisogni di mantenimento, di almeno il 15%. Di entità non trascurabile
risulta lo stato di nutrizione dei
soggetti (BCS): a parità di peso, più elevato è il BCS dei soggetti
tanto maggiore è il fabbisogno di mantenimento, in quanto nella
composizione del peso vivo prevale il tessuto lipidico.
I fabbisogni per la termoregolazione assumono un
ruolo importante per la bufala. La sua origine tropicale la rende sensibile
alle basse piuttosto che alle alte temperature. La sua capacità di
termoregolarsi in inverno in Italia, specie nelle zone più fredde, comporta
notevoli variazioni del suo assetto endocrino. Ne sono una conferma gli alti
valori ematici degli ormoni tiroidei riscontrati in inverno. In questa
stagione le bufale allevate nelle zone pedemontane della Campania presentano
valori ematici degli ormoni tiroidei più elevati di quelle in aziende
limitrofe al mare (Campanile et al. 1994). All'inizio dei periodi più
freddi, quando cioè i soggetti non si sono ancora adattati alle basse
temperature , non è infrequente ritrovare valori abnormi di acidità
titolabile nel latte (SH°) soprattutto quando gli animali sono esposti al
vento ed i fabbisogni energetici non sono coperti.
Da queste osservazioni traspare che in determinati ambienti
risulta importante una oculata progettazione dei ricoveri, pena ripercussioni
negative sulla produzione quanti-qualitativa del latte.
Nelle zone tropicali, nelle quali il clima è più
confacente all'assetto endocrino della specie, è da supporre che i suddetti
fenomeni siano meno pronunciati.
All'esordio della stagione fredda quasi sempre si
apprezza anche un odore acre di acetone che testimonia l'innesco di processi
catabolici a carico dei grassi di deposito per far fronte agli accresciuti
fabbisogni determinati da temperature non congeniali alla specie. Tali
fenomeni non sempre si verificano
nella fase iniziale della lattazione in quanto spesso si osservano
innalzamenti del livello ematico di beta-idrossibutirrato
(Bertoni et. al., 1993 ; Campanile
et al., 1995) anche nella fase finale in coincidenza del passaggio da due a
una mungitura giornaliera; il fenomeno è più intenso nelle mandrie in cui
tale passaggio è accompagnato da una riduzione del valore nutritivo della
dieta.
Evidentemente
anche quando i fabbisogni sono bassi, l'elevato tenore lipidico del latte e la
riduzione della capacità di ingestione, eventi che si registrano nella fase
terminale della curva di lattazione, suggeriscono una oculata formulazione
della dieta.
In prove di campo è emerso (Di Palo 1992,
Bertoni et al. 1993, Di Lella 1997, Di Lella et al. 1998), che occorrono oltre
0,5 UFL per ottenere 1 kg di latte ECM. Questo dato è comprensibile in quanto
se calcolato sui consumi di gruppo include:
Nel caso della bovina il latte standard presenta
una quantità di lipidi, di protidi e di lattosio pari rispettivamente al
4,0%, al 3,1% e al 4,9%. Rispetto ai suddetti valori si riscontrano
oscillazioni che dipendono dal patrimonio genetico, dallo stadio di lattazione,
dal tipo di dieta ecc.. I lipidi possono variare, ad esempio nella Frisona
italiana, dal 2,8% al 4,2% e le proteine dal 2,7% al 3,5%. Nella bufala la
percentuale di grasso oscilla, invece, dal 5,5% al 13% e quello in proteine
dal 3,8% al 5,5%. Il fabbisogno in energia, pertanto, per litro di latte di
vacca varia da UFL 0,35 a UFL 0,45 (Δ = 28,6%) mentre nella bufala (tab.
5) risulta compreso tra UFL 0,53 e UFL 1,02 (Δ = 92,5%).
La maggiore variabilità che si riscontra nella
bufala comporta difficoltà di razionamento in quanto nelle bufale che sono in
grado di produrre un latte ricco in lipidi i surplus energetici vengono
utilizzati per questo scopo mentre in quelle che non presentano la suddetta
capacità si verifica l'accumulo di riserve corporee. Frequentemente nelle
prime una eventuale carenza di energia non si traduce nella produzione di un
latte con minore tenore lipidico ma in una minore produzione di latte. E’ lo
stesso fenomeno che si registra per altri nutrienti: se l'individuo non
dispone dei precursori per sintetizzare un secreto con determinate
caratteristiche, flette la produzione modificandone lievemente la composizione
In considerazione del fatto che nella vacca
l'incremento del tenore lipidico di solito non supera il 29% mentre nel caso
della bufala può superare anche il 92% scaturisce che gli eccessi energetici
possono determinare ingrassamento più nella vacca (sindrome della vacca
grassa) che non nella bufala; quest'ultima utilizza, infatti, in maniera più
proficua gli eccessi per modificare la composizione chimica del latte e, sotto
certi aspetti, limita l'entità degli
sprechi .
Protidi |
Grasso |
UFL |
|
Protidi |
Grasso |
UFL |
g/kg |
g/kg |
/kg |
|
g/kg |
g/kg |
/kg |
38 |
50 |
0.53 |
|
45 |
95 |
0.79 |
38 |
55 |
0.55 |
|
45 |
100 |
0.82 |
40 |
60 |
0.59 |
|
50 |
85 |
0.77 |
40 |
65 |
0.61 |
|
50 |
90 |
0.79 |
40 |
70 |
0.64 |
|
50 |
95 |
0.82 |
40 |
75 |
0.66 |
|
50 |
100 |
0.84 |
40 |
80 |
0.69 |
|
50 |
105 |
0.87 |
40 |
85 |
0.71 |
|
50 |
110 |
0.89 |
45 |
70 |
0.64 |
|
50 |
115 |
0.92 |
45 |
75 |
0.69 |
|
50 |
120 |
0.94 |
45 |
85 |
0.74 |
|
50 |
130 |
0.99 |
45 |
90 |
0.77 |
|
55 |
130 |
1.02 |
Quanto finora riferito può lasciare perplessi in
quanto, almeno nella realtà dell'allevamento italiano, è facile osservare
bufale eccessivamente grasse. E' opportuno precisare, tuttavia, che la
conformazione di una bufala è diversa da quella di una vacca da latte. Una
vacca grassa che presenta un BCS di 5 è più grassa di una bufala alla quale
si attribuisce lo stesso punteggio. Questa affermazione scaturisce dalla
considerazione che, se si ritiene che una vacca è "in tono" allorché
presenta
un BCS di 3,5, non si può ritenere, a nostro avviso, che un pari BCS
identifichi una bufala "in tono" dal momento che la costituzione (l'Habitus
costituzionale dei vecchi endocrinologi) della specie è diversa. Non si può,
infatti, identificare "il benessere" di una vacca da latte ad "habitus
prevalentemente catabolico" con quello di una bufala in cui la selezione
per la produzione del latte è ancora agli inizi. Bisogna, inoltre,
considerare che a parità di BCS, che valuta l'arrotondamento delle forme, una
bufala è più magra di una vacca. La prima, infatti, a parità di deposizione
di grassi nel sottocute, presenta una minore infiltrazione lipidica nei
muscoli. E' anche per questo motivo che preferiamo utilizzare la scala 1 a 9
che è più adatta per gli animali da carne.
c) recupero di peso
La perdita di peso che si verifica nella prima fase della lattazione
dovrà essere compensata nei mesi successivi. L'entità del calo corporeo
varia con la densità energetica della dieta somministrata alla mandria in
funzione del livello produttivo e del peso degli animali. Si è già detto che
la perdita di peso che una bufala può sopportare senza compromettere la
persistenza della curva di lattazione è, per il suo habitus moderatamente
catabolico, inferiore a quello della vacca. Le perdite di peso si verificano
anche nella bufala e vanno compensate tenendo presente che se il catabolismo di 1 kg corporeo
fornisce un'energia pari a 3,5 UFL, occorrono 4,5 UFL per ricostituirlo nella
fase anabolica della lattazione.
Una riprova dell'effettivo calo peso della bufala
nel primo periodo di lattazione è dato dal riscontro che le UFL occorrenti
per produrre il kg di latte ECM risultano pari a 0,35 nei primi 40 giorni (Di
Palo, 1992) mentre risultano mediamente superiori a 0,5 nel corso dell'intera
lattazione. Ciò sta a dimostrare che la differenza esistente tra 0,35 e 0,44
nei primi 40 giorni rappresenta la quota di energia di riserva che la bufala
mette a disposizione per la sintesi mammaria per compensare il gap esistente
tra l'energia assunta con la razione e quella sintetizzata nel latte. E'
facile dimostrare che se le bufale di un allevamento nei primi 40 giorni
producono mediamente 12 kg di latte il calo peso sarà di almeno 300 gr al
giorno (UFL 0,44 - 0,35 = 0,09; kg 12 x 0,09 = UFL 1,08/3,5 = g 0,309).
d) accrescimento delle primipare
A parte questa considerazione bisogna tener
presente che l'età al primo parto della bufala mediterranea italiana nel 1999
(dati A.I.A.) è risultata 3 anni, 4 mesi e 4 giorni e quindi più alta di
8 mesi rispetto alla Bruna (2 anni, 8 mesi e15 gg) e di 10 mesi rispetto alla
Frisona Italiana (2 anni, 5 mesi e 8 gg). All'aumentare dell'età, come è
noto, peggiora l'efficienza di trasformazione degli alimenti e di conseguenza
il fabbisogno in energia per l'incremento ponderale dopo il primo parto nella
bufala deve ritenersi superiore a quello che si attribuisce alla vacca da
latte fino a quando prove sperimentali non chiariranno meglio questo aspetto.
La supplementazione energetica suggerita va,
ovviamente, sommata ai fabbisogni e nelle mandrie in cui non si effettua una
separazione dei soggetti in funzione dell'età il suddetto surplus energetico
va aggiunto alla razione di gruppo tenendo conto dell'incidenza dei soggetti
di primo parto.
Come abbiamo già riferito, almeno nella realtà
del Mezzogiorno d'Italia dove il numero di capi per ha supera mediamente le 6
unità, le diete per bufale vengono formulate con un'incidenza di foraggi
sulla s.s. di circa il 50% e una percentuale di NDF superiore al 40%; con tali
diete si registra una ingestione di s.s. pari a 275 g per kg di latte ECM cui
vanno sommati 91 g di s.s. per kg di peso metabolico (Campanile et al., 1997a,
1997b).
Nelle tabelle che seguono si riportano produzioni
di latte con l'8,38% di grasso e 4,73% di proteine (tab. 6), che rappresenta
la media registrata in Italia dall'Associazione allevatori nel 1998 su 19.938
lattazioni con media pro capite di kg 2063. Vengono riferiti, inoltre, i dati
inerenti a un'azienda (tab. 7), controllata dal nostro Dipartimento (8,73 di
grasso, 4,68 di proteine, kg 2873) e a un'azienda (tab. 8) con caratteristiche
del latte scadenti (7,5% di grasso e 4,1% di proteine). Si è ritenuto
opportuno riportare anche i dati per un latte di vacca di comune tipologia (tab.
9).
A parità di composizione chimica, in ciascuna
tabella si riportano in ciascuna riga la produzione per lattazione, la
corrispondente produzione giornaliera di latte e di ECM, nonché l'ingestione
di sostanza secca e i fabbisogni in energia (UFL). In funzione di questi
ultimi due dati si riferisce anche
la densità energetica per kg di sostanza secca teoricamente
ingerita (bufala del peso di 650 kg) che occorre per coprire i fabbisogni
di produzione e quelli per il
recupero del calo peso. Si è ritenuto utile riportare, inoltre, anche la
densità energetica necessaria a far fronte al fabbisogno determinato dalla
presenza del 20% di primipare che nel corso della prima lattazione devono
completare lo sviluppo incrementando 333 g/die.
Dall'esame delle tabelle traspare che la densità
energetica occorrente mediamente nel corso della lattazione risulta pari a
0,84, 0,86, 0,93 e 0,97, rispettivamente per mandrie con produzione media di
2063 pari a ECM 3135 (tab.8) e 3495 (tab.6), 2873 pari a ECM 4967 (tab. 7) e
3391 pari a ECM 5862 (tab. 7) kg per lattazione.
Se si raffrontano le densità energetiche
suggerite per le bufale con quelle riportate per la vacca (tab. 9) traspare
che, a parità di FCM 4% e di ECM, le densità energetiche per la vacca
risultano inferiori; ciò non deve meravigliare in quanto il latte prodotto
deriva da una lattazione di 270 e 305 giorni rispettivamente per la bufala e
la vacca il che comporta, a parità di produzione per lattazione, una maggiore
produzione/die nella bufala. I valori di densità energetica finora riferiti
possono essere più bassi nel caso di soggetti che pesano oltre 650 kg ma
devono aumentare nel caso opposto. Analogamente l'ingestione di sostanza secca
può variare in funzione dell'ingombro e dell'appetibilità della dieta e
della velocità di transito degli alimenti.
Tabella 6 - Produzione giornaliera e per lattazione espressa
come latte di bufala con 4,73% di proteine e 8,38% di grasso e come ECM,
relativi fabbisogni energetici e variazioni di peso con una dieta
costantemente caratterizzata da 0,92 UFL/kg di s.s. e giorni occorrenti (days)
per riportare al peso iniziale i soggetti penalizzandoli di 3 UFL/d durante
l'asciutta.
|
|
Ingestione/g |
|
|
||||||
|
|
|
UFL/kg
SS /DM |
|
|
|||||
Produzione
di latte |
ECM |
|
|
|
|
|
||||
kg/giorno |
kg/ 305 giorni |
giorno |
Kg/ 270 giorni |
SS/
D.M |
UFL |
|
|
+20% primipare |
Variazione |
Giorni |
5,64 |
1523 |
9,56 |
2580 |
13,49 |
10,33 |
0,77 |
0,78 |
0,81 |
90 |
105 |
7,64 |
2063 |
12,94 |
3495 |
14,42 |
11,82 |
0,82 |
0,84 |
0,86 |
50 |
59 |
10,64 |
2873 |
18,03 |
4867 |
15,82 |
14,06 |
0,89 |
0,91 |
0,93 |
-
9 |
-
10 |
12,56 |
3391 |
21,29 |
5748 |
16,72 |
15,49 |
0,93 |
0,95 |
0,97 |
-
47 |
-
54 |
13,99 |
3777 |
23,72 |
6404 |
17,39 |
16,56 |
0,95 |
0,98 |
0,99 |
-
75 |
-
88 |
15 |
4050 |
25,41 |
6861 |
17,85 |
17,31 |
0,97 |
0,99 |
1.01 |
-
95 |
-
111 |
20 |
5400 |
33,88 |
9148 |
20,18 |
21,03 |
1,04 |
1,07 |
1,08 |
-
193 |
-
226 |
25 |
6750 |
42,35 |
11436 |
22,51 |
24,76 |
1,10 |
1,12 |
1,14 |
-
291 |
-
341 |
|
|
Ingestione/g |
|
|
||||||
|
|
|
UFL/kg
SS /DM |
|
|
|||||
Produzione
di latte |
ECM |
|
|
Recupero di peso |
|
|
||||
kg/giorno |
kg/ 305 giorni |
giorno |
Kg/
270 giorni |
SS/
D.M |
UFL |
|
|
|
Variazione |
Giorni |
5,64 |
1523 |
9,75 |
2633 |
13,55 |
10,42 |
0,77 |
0,79 |
0,81 |
86 |
102 |
7,64 |
2063 |
13,21 |
3566 |
14,50 |
11,94 |
0,82 |
0,84 |
0,86 |
47 |
55 |
10,64 |
2873 |
18,39 |
4967 |
15,92 |
14,22 |
0,89 |
0,91 |
0,93 |
-
13 |
-
15 |
12,56 |
3391 |
21,71 |
5862 |
16,84 |
15,68 |
0,93 |
0,95 |
0,97 |
-
52 |
-
60 |
13,99 |
3777 |
24,2 |
6535 |
17,52 |
16,78 |
0,96 |
0,98 |
1,00 |
-
81 |
-
94 |
15 |
4050 |
25,93 |
7002 |
18,00 |
17,54 |
0,97 |
1,00 |
1.02 |
-
101 |
-
118 |
20 |
5400 |
34,58 |
9336 |
20,37 |
21,34 |
1,05 |
1,07 |
1,09 |
-
201 |
-
234 |
25 |
6750 |
43,22 |
11669 |
22,75 |
25,14 |
1,11 |
1,13 |
1,15 |
-
302 |
-
352 |
30 |
8100 |
51,86 |
14003 |
25,13 |
28,95 |
1,15 |
1,18 |
1,19 |
-
403 |
-
469 |
|
|
Ingestione/g |
|
|
||||||
|
|
|
UFL/kg
SS /DM |
|
|
|||||
Produzione
di latte |
ECM |
|
|
|
|
|
||||
kg/giorno |
kg/ 305 giorni |
giorno |
Kg/ 270 giorni |
SS/
D.M |
UFL |
|
|
|
Variazione di peso |
Giorni |
5,64 |
1523 |
8,57 |
2314 |
13,22 |
9,90 |
0,75 |
0,77 |
0,79 |
101 |
118 |
7,64 |
2063 |
11,61 |
3135 |
14,06 |
11,23 |
0,80 |
0,82 |
0,84 |
60 |
77 |
10,64 |
2873 |
16,17 |
4366 |
15,31 |
13,24 |
0,86 |
0,89 |
0,91 |
13 |
15 |
12,56 |
3391 |
19,08 |
5153 |
16,11 |
14,82 |
0,92 |
0,93 |
0,95 |
-
21 |
-
25 |
13,99 |
3777 |
21,28 |
5745 |
16,72 |
15,49 |
0,93 |
0,95 |
0,97 |
-
47 |
-
54 |
15 |
4050 |
22,80 |
6155 |
17,13 |
16,16 |
0,94 |
0,97 |
0,98 |
-
64 |
-75 |
20 |
5400 |
30,40 |
8207 |
19,22 |
19,50 |
1,01 |
1,04 |
1,05 |
-
153 |
-
178 |
25 |
6750 |
37,99 |
10258 |
21,31 |
22,84 |
1,07 |
1,10 |
1,11 |
-
241 |
-
281 |
30 |
8100 |
45,59 |
12310 |
23,40 |
26,19 |
1,12 |
1,15 |
1,16 |
-
330 |
-
386 |
|
|
Ingestione/g |
|
|
||||||
|
|
|
UFL/kg
SS /DM |
|
|
|||||
Produzione
di latte |
ECM |
|
|
|
|
|
||||
kg/giorno |
kg/ 305 giorni |
giorno |
Kg/ 270 giorni |
SS/
D.M |
UFL |
|
|
|
Variazione
di peso |
Giorni |
5,64 |
1720 |
5,22 |
1591 |
12,30 |
8,42 |
0,68 |
0,70 |
0,72 |
161 |
187 |
7,64 |
2330 |
7.07 |
2155 |
12,81 |
9,24 |
0,72 |
0,74 |
0,76 |
136 |
159 |
10,64 |
3245 |
9,84 |
3002 |
13,57 |
10,46 |
0,77 |
0,79 |
0,81 |
100 |
117 |
12,56 |
3830 |
11,61 |
3542 |
14,06 |
11,24 |
0,80 |
0,82 |
0,84 |
77 |
90 |
13,99 |
4266 |
12,94 |
3946 |
14,42 |
11,82 |
0,82 |
0,84 |
0,86 |
59 |
69 |
15 |
4575 |
13,88 |
4232 |
14,68 |
12,23 |
0,83 |
0,85 |
0,87 |
47 |
55 |
20 |
6100 |
18,50 |
5642 |
15,95 |
14,27 |
0,89 |
0,91 |
0,93 |
- 13 |
- 16 |
25 |
7625 |
23,13 |
7053 |
17,22 |
16,30 |
0,95 |
0,97 |
0,98 |
- 74 |
- 86 |
30 |
9150 |
27,75 |
8464 |
18,50 |
18,34 |
0,99 |
1,01 |
1,03 |
- 135 |
- 157 |
In funzione di questi fattori
andrà variata la quantità di energia somministrata diluendola o
concentrandola nelle effettive quantità di sostanza secca ingerita dal gruppo
tenendo in considerazione sempre il BCS della mandria. Le citate tabelle
consentono di calcolare la razione per una produzione giornaliera standard o
possono essere utilizzate per simulare - con opportune interpolazioni - una
curva di lattazione. Nella fase in cui, ad esempio, le bufale (tab 7) di una
mandria da 2873 kg (media giornaliera di kg 10,64, e con un'incidenza del 20%
di primipare) sono a 100 gg dal parto e producono 14 kg/die di latte, il
consumo di s.s. è più elevato (kg 17,52) e occorre formulare una dieta con
densità energetica pari a 1 UFL/kg
s.s. per poi ridurla via via che diminuisce il consumo di sostanza secca.
All'aumentare del consumo di s.s. incrementa la densità energetica della
dieta . Ciò è
comprensibile se si considera che la differenza tra la produzione più bassa e quella
più alta riportata in tab. 7 è di 24,36 kg, mentre per l'ingestione di s.s.
e il fabbisogno in UFL la suddetta differenza risulta rispettivamente di kg
11,58 (kg 25,13 - kg13,55) e di UFL 18,53 (UFL 28,95 - UFL10,42). In
definitiva all'aumentare di ogni 1 kg di latte l'ingestione cresce di kg 0,475
(30-5,64 =24,36; 11,58/24,36 = 0,475) mentre il fabbisogno di 0,761 UFL
(30-5,64 =24,36; 18,53/24,36 = 0,761). Ne consegue che al crescere della
produzione deve necessariamente aumentare la densità energetica della dieta,
anche perché esiste un limite alla
capacità di ingestione di s.s. in quanto essa non può eccedere i
quantitativi che sono condizionati dal peso vivo. Ne consegue che la crescita
del livello produttivo della mandria è possibile se al crescere della
potenzialità genetica aumenta la mole dei soggetti o la loro capacità di
trasformare gli alimenti in latte.
A conforto dei dati che abbiamo riferito,
riportiamo in Figura 7 l'andamento della produzione/die di latte e la
percentuale di grasso in funzione della distanza dal parto registrato in tre
anni in un'azienda che è collegata con il nostro Dipartimento e i cui
soggetti ricevono una dieta caratterizzata da 0,93 UFL/kg s.s.. Da essa
traspare che all'abbassarsi della produzione si eleva il tenore lipidico del
latte e che questo si abbassa al crescere della produzione (vedi tra 90 e 100
giorni dal parto quando la mandria supera i 14 kg di latte). Ciò dimostra che,
nella suddetta fase di lattazione, i soggetti, anche quando ricevono una dieta
caratterizzata da 0,93 UFL/kg s.s., non riescono a coprire i fabbisogni. Il
tenore lipidico del latte è, infatti, inferiore a quello medio dell'intera
lattazione (8,73%).
Nella Figura 8 si evince, inoltre, che lo stesso
fenomeno si riscontra quando nei primi 100 giorni dal parto la mandria supera
i 22 kg di ECM. E' solo dopo i 100 giorni dal parto che, aumentando i consumi
di sostanza secca, il tenore lipidico del latte raggiunge e supera l' 8% anche
per produzioni superiori ai 22 kg di ECM .
Ultimata la fase di recupero (dopo i 150 gg di
lattazione) i soggetti ingeriscono oltre i fabbisogni e tendono a depositare
riserve in misura inversamente proporzionale alla loro produzione. In questa fase
bisognerebbe abbassare la densità energetica e ridurre drasticamente
l'incidenza degli N.S.C. e soprattutto dell'amido; l'incidenza di quest'ultimo
non dovrebbe superare il 18% in quanto favorisce l'ingrassamento e accorcia la
lunghezza della lattazione. Sarebbe consigliabile spostare i soggetti meno
produttivi e sottoporli a una dieta caratterizzata da un maggior tenore in
foraggi e/o in pareti cellulari. Tale accorgimento da noi praticato nel
passato non si è rivelato molto utile in quanto la bufala ha mostrato una
elevata sensibilità a questi cambiamenti sia per fattori gerarchici sia perché
non essendo un animale da latte risponde negativamente, e in maniera più
accentuata della vacca, alla restrizione alimentare. Fa registrare, infatti,
perdite di latte che, sotto il profilo economico, sono superiori al beneficio
che deriva dal risparmio del costo di alimentazione (Campanile et al., 1996).
Tale suggerimento valido per l'Italia, dove il prezzo di un kg di latte
equivale a circa 6 volte il prezzo dell'unità nutritiva, difficilmente è
estrapolabile ad altre realtà produttive.
L'ingrassamento dei soggetti è da considerarsi,
pertanto, sotto il profilo economico un male necessario in quanto la bufala
non avendo acquisito ancora un habitus lattifero riesce a persistere nella
lattazione solo se riceve una dieta superiore ai suoi fabbisogni reali.
L'eccessiva deposizione di adipe, si verifica, del resto, in maniera
accentuata prevalentemente nei soggetti che allungano la lattazione oltre i
270 giorni per problemi di fertilità (è l'ipofertilità,
almeno nelle pluripare, a far ingrassare i soggetti e non l'eccessiva
pinguedine a ingenerare ipofertilità) o in quelli meno
produttivi. Negli altri l'ingrassamento è meno evidente e lo spreco
effettuato in lattazione può efficacemente essere recuperato durante
l'asciutta se, durante tale fase, fossero costituiti due gruppi in funzione
del BCS raggiunto a fine lattazione. La restrizione energetica praticata nei
soggetti più grassi durante l'asciutta dovrebbe preservare, comunque, una
parte di adipe (BCS 3,5 - 4) accumulato durante la lattazione in quanto è
questo più efficacemente mobilizzabile dopo il parto. Tale tecnica
consentirebbe di recuperare lo spreco economico operato in lattazione.
Andrebbero, in ogni caso, garantiti i fabbisogni in proteine, minerali e
vitamine.
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La densità energetica suggerita non deve
meravigliare in quanto la bufala ingerisce una quantità di sostanza secca che
è proporzionale alla sua produzione in latte corretto e al suo peso vivo. In
altri termini è la stessa produzione a regolare il suo appetito e lo stato di
ingrassamento si verifica se la dieta è particolarmente ricca in amido o
esiste una sproporzione tra questo e le proteine assunte. Tale fenomeno si
verifica soprattutto nelle aziende in cui si superano i 25 kg di silomais, si
fa eccessivo uso di granelle prodotte in azienda (orzo e mais) e nel contempo
l'integrazione proteica non è corretta. Meno evidente, a parità di
integrazione proteica e di densità energetica adottata, infatti, risulta
l'ingrassamento negli allevamenti in cui si usa l'insilato primaverile.
Nel
passato le bufale erano sicuramente più magre, presentavano una glicemia e
una colesterolemia più bassa ma erano meno produttive e soprattutto fornivano
un latte con una composizione chimica diversa. Nel 1978, anno del primo
controllo funzionale, la produzione media di latte fu di kg 1641 con un tenore
lipidico del 6,42%.
Fabbisogno proteico
Nella parte iniziale di questo contributo abbiamo dimostrato come per
le caratteristiche del suo latte il fabbisogno proteico della bufala, a parità
di energia prodotta, è inferiore a quello della vacca (tab. 11).
In
condizioni di sopravvivenza in ambienti difficili ciò è vero e la bufala,
grazie ad un efficiente riciclo dell'urea, riesce a far fronte alle carenze
proteiche. Queste acquisizioni non sono del tutto estrapolabili in campo. Una
delle caratteristiche che contraddistingue la bufala è quella di attaccare e
fermentare le proteine a livello ruminale molto più velocemente rispetto alla
vacca. Rispetto a questa, inoltre, l'alimento permane per più tempo nel
rumine ma per meno tempo nell'intestino (Bartocci et al., 1997). Questa caratteristica fa sì
che siano poche le proteine che by - passano il rumine e siano direttamente
utilizzabili a livello intestinale (Di Lella et al., 1995). Tale aspetto non
è tuttavia, pregiudizievole, così come lo è nella vacca per quanto riguarda
i danni da eccessi proteici. In Italia durante la primavera le bufale al
pascolo sovente assumono anche il 30% in più delle proteine rispetto ai
fabbisogni senza per questo palesare i danni che si verificano nella vacca (danni
agli unghioni, mastiti, alcalosi e ipofertilità).
Alla luce delle su riportate considerazioni
riteniamo che sia veramente difficile puntualizzare il fabbisogno proteico
della bufala in quanto, a differenza di altri ruminanti, in questa specie il
calcolo si complica in funzione dello stato metabolico del soggetto ed in
particolare della sua capacità di risparmiare di cui dispone. Viene, così,
in parte vanificato il calcolo che si effettua sul rapporto ingesta/escreta,
anche se integrato da quello delle proteine by-pass.
Nella pratica del razionamento, nelle more che
venga messo a punto un sistema veramente affidabile, riteniamo che per la
stima dei fabbisogni l'impiego delle proteine grezze, che finora ha fornito
risultati accettabili, sia sufficientemente valido. Se nella dieta entrano a
far parte alimenti
di cui è nota la quota di proteine degradabili, suggeriamo di non superarne
il 70% per tenori proteici inferiori al 14% della sostanza secca e di
abbassare detta quota al 67-64% per razionamenti più spinti.
Nel razionamento noi consideriamo un fabbisogno
di mantenimento di 700 gr di proteine grezze per una bufala di 650 kg che sono
stimabili in circa 400 gr di PDI del sistema francese (3,25 g di PDI x kg di
P.M.). Per il recupero di peso attribuiamo, sempre secondo il sistema francese,
un fabbisogno di PDI di 300 gr che è stimabile in circa 500 g di P.G. per kg
di recupero di peso vivo da aggiungere agli altri fabbisogni (177 g di P.G. x
333 g/die di incremento). Per quanto riguarda il latte, a causa della
variabilità del tenore proteico, preferiamo considerare un fabbisogno di
2,742 g di P.G. per grammo di proteina sintetizzata nel latte in quanto per la
vacca si suggeriscono 85 g di P.G. per un kg di latte col 3,1% di proteine
(85/31 = 2,742).
In funzione di quanto premesso nelle tabelle 10 e
11 vengono riferiti i fabbisogni per le stesse classi di produzione e con
suddivisioni analoghe a quelle riferite per i fabbisogni energetici. In
tabella 12 i dati vengono riferiti alla produzione per lattazione.
La percentuale di proteine sul secco, a parità
di produzione di latte corretto risulta, a differenza che per l'energia, più
alta nella vacca per quanto finora riferito.
Per produzioni inferiori a 2000 kg per lattazione
sarebbero sufficienti percentuali di proteine sul secco inferiori al 12% è ciò
è tanto più vero quanto più le bufale assumono una quantità di sostanza
secca superiore a quella teoricamente possibile in funzione del peso vivo.
Anche nel caso del razionamento proteico valgono le stesse considerazioni
fatte per quello energetico: al diminuire della produzione dovrebbe diminuire
la percentuale di P.G. sulla s.s. .
Ciò suggerirebbe, al diminuire della produzione, di inserire i soggetti in un
gruppo che andrebbe sottoposto a diete caratterizzare da un minore tenore
energetico e proteico. Tale tecnica, come abbiamo già riferito, comporta
perdite di latte che non compensano il risparmio ottenuto con il razionamento.
La stessa considerazione vale quando la mandria si trova a
fine lattazione e produce meno di 4,5 kg di latte.
Osservazioni sul razionamento proteico
In merito al razionamento proteico non bisogna dimenticare che
verosimilmente le proteine oltre ad avere funzione plastica esercitano effetti
metabolici non ancora chiari. Nella nostra esperienza sono comparse le prime
bufale con produzioni pro die superiori ai 20 kg solo quando l'incidenza delle
proteine sul secco ha superato il 15% senza peraltro che avessimo riscontrato
effetti collaterali sullo stato di salute dei soggetti meno produttivi.
All'inizio della lattazione per la minore
ingestione si consiglia di incrementare del 10% l’apporto proteico. Tale
suggerimento scaturisce da prove effettuate presso il nostro Dipartimento. I
soggetti che producono oltre 20 kg di ECM e assumono una sostanza secca con il
13,5% di P.G./s.s. presentano tra l'11° e il 32° giorno post-partum valori
di azotemia bassi che si elevano tra 70 e 110 giorni allorché aumenta
l'ingestione di sostanza secca. L'esame dei dati ci ha portato a concludere
che tra l'11° e il 32° giorno post-partum l'assunzione di sostanza secca è
compresa tra i 13 e i 16 kg e il fabbisogno proteico non è coperto se la
dieta presenta meno
del 13,5% di P.G. (Campanile et al., 1995). In queste bufale si è notata una
intensa lipomobilizzazione con incremento dei NEFA soprattutto all'esordio
della lattazione. Nella vacca da latte bassi valori azotemici comportano un
incremento del GH che stimola la lipomobilizzazione, inibisce l'attività
dell'insulina e rende disponibile l'azoto tissutale al fine di soddisfare i
fabbisogni proteici ed energetici (Ndibualonji et al., 1995).
Nelle aziende in cui si somministra una dieta
caratterizzata da più alti tenori proteici, che riteniamo più rispondente a
soddisfare i fabbisogni di inizio lattazione, non si riscontrano bassi valori
di azotemia (Campanile et al., 1997c e 1997d). In questi soggetti la maggiore
disponibilità di chetoacidi, che normalmente derivano dal metabolismo
proteico, favorisce la sintesi di glucosio. E' per tale motivo che la glicemia
risulta più elevata nei soggetti alimentati con eccesso proteico. Gli alti
valori di glucosio ematico e i bassi valori di insulina, fisiologici nella
prima fase della lattazione, garantiscono alla mammella una maggiore
disponibilità di glucosio per la sintesi di lattosio. I processi metabolici,
che si innescano nei soggetti con eccesso proteico, contribuiscono, pertanto a
ridurre l'output negativo del glucosio ad inizio lattazione. Spires and Clark
(1979) hanno notato che alti livelli di NH3 nei vitelloni determinano un
cattivo utilizzo del glucosio in quanto viene favorita la glicogenolisi.
Tabella 10 – Fabbisogni in PG (g/giorno). |
||||||||
|
Fabbisogni di PG (g/giorno) |
Fabbisogni
di PG + incremento di peso (g/giorno) |
||||||
|
Buf |
Buf |
Buf |
Bov |
Buf |
Buf |
Buf |
Bov |
%
Grasso/ Fat |
|
|
|
|
|
|
|
|
% Proteine |
|
4,7 |
4,7 |
3,1 |
4,1 |
4,7 |
|
3,1 |
Latte (kg/d) |
|
|
|
|
|
|
|
|
5,64 |
1334 |
1432 |
1424 |
1179 |
1359 |
1446 |
1450 |
1199 |
7,64 |
1559 |
1691 |
1680 |
1349 |
1588 |
1709 |
1712 |
1372 |
10,64 |
1896 |
2080 |
2065 |
1604 |
1931 |
2102 |
2104 |
1631 |
12,56 |
2112 |
2329 |
2312 |
1767 |
2151 |
2353 |
2355 |
1796 |
13,99 |
2274 |
2516 |
2497 |
1889 |
2316 |
2542 |
2543 |
1920 |
15 |
2386 |
2645 |
2625 |
1975 |
2430 |
2673 |
2674 |
2007 |
20 |
2948 |
3294 |
3267 |
2400 |
3003 |
3328 |
3327 |
2439 |
25 |
3511 |
3942 |
3908 |
2825 |
3576 |
3984 |
3981 |
2871 |
30 |
4073 |
4591 |
4550 |
3250 |
4148 |
4639 |
4634 |
3303 |
Tabella 11 – Fabbisogni in PG (g/kg SS). |
||||||||||
|
Fabbisogni
di PG + incremento di peso (g/kg SS)/ |
Fabbisogni di PG + incremento peso + 20% di primipare/kg/SS |
||||||||
|
Buf |
Buf |
Buf |
Bov |
Buf |
Buf |
Buf |
Bov |
||
% Grasso |
|
|
|
|
|
|
|
|
||
% Proteine |
|
|
|
|
|
|
|
|
||
Latte/
Milk (kg/d) |
|
|
|
|
|
|
|
|
||
5,64 |
105 |
109 |
109 |
99 |
107 |
112 |
112 |
102 |
||
7,64 |
115 |
121 |
120 |
109 |
118 |
123 |
123 |
112 |
||
10,64 |
129 |
135 |
135 |
122 |
131 |
138 |
137 |
125 |
||
12,56 |
136 |
143 |
143 |
130 |
138 |
146 |
145 |
132 |
||
13,99 |
141 |
149 |
148 |
135 |
143 |
151 |
150 |
138 |
||
15 |
145 |
153 |
151 |
139 |
147 |
155 |
153 |
141 |
||
20 |
159 |
168 |
166 |
155 |
161 |
170 |
168 |
158 |
||
25 |
171 |
180 |
178 |
169 |
173 |
182 |
180 |
172 |
||
30 |
181 |
190 |
188 |
182 |
182 |
192 |
189 |
184 |
||
Tabella
12 - Produzione giornaliera e per lattazione di latte normale e ECM e
relativa incidenza di P.G. su SS. |
||||||||||||
|
Produzione
di latte per lattazione (kg) |
Latte
corretto |
Fabbisogni
di PG + incremento peso + 20% di primipare/kg SS |
|||||||||
|
Buffalo |
Bovine |
Buf |
Buf |
Buf |
Bov |
Buf |
Buf |
Buf |
Bov |
||
Giorni |
|
|
|
270 |
|
|
|
|
|
|
||
% Grasso |
|
|
|
8,4 |
|
|
|
|
|
|
||
% Proteine |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
||
Latte (kg/d) |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
||
5,64 |
1523 |
1720 |
2314 |
2580 |
2633 |
1591 |
107 |
112 |
112 |
102 |
||
7,64 |
2063 |
2330 |
3135 |
3495 |
3566 |
2155 |
118 |
123 |
123 |
112 |
||
10,64 |
2873 |
3245 |
4366 |
4867 |
4967 |
3002 |
131 |
138 |
137 |
125 |
||
12,56 |
3391 |
3830 |
5153 |
5748 |
5862 |
3542 |
138 |
146 |
145 |
132 |
||
13,99 |
6404 |
4266 |
5745 |
6404 |
6535 |
3946 |
143 |
151 |
150 |
138 |
||
15 |
4050 |
4575 |
6155 |
6861 |
7002 |
4232 |
147 |
155 |
153 |
141 |
||
20 |
5400 |
6100 |
8207 |
9148 |
9336 |
5642 |
161 |
170 |
168 |
158 |
||
25 |
6750 |
7625 |
10258 |
11436 |
11669 |
7053 |
173 |
182 |
180 |
172 |
||
30 |
8100 |
9150 |
12310 |
13723 |
14003 |
8464 |
182 |
192 |
189 |
184 |
||
Fabbisogni in Ca e P.
Il latte di bufala presenta 1,8 - 2 g di Ca e 1,1 - 1,2 g di P per kg.
Per quanto riguarda il mantenimento si rimanda ai fabbisogni suggeriti per la
bovina dall'INRA (Jarrige, 1988) per
la produzione di latte noi calcoliamo i fabbisogni tenendo conto che se per un
kg di latte di vacca occorrono 3,5 g di Ca (1,2 g per kg di latte), per quello
di bufala ne occorreranno 5,25 - 5,8 e parimenti per il P, il cui fabbisogno
è di 1,7 (0,9 g per kg di latte) per la vacca, sarà pari a 2,1 - 2,3 g per
la bufala.
Le quantità di Ca e P nella dieta devono essere
proporzionali al tenore energetico e proteico al fine di coprire i fabbisogni
di produzione garantiti
da questi ultimi.
Particolarmente importante è l'integrazione
minerale in asciutta (Zicarelli L., 2000) .
Per la caratteristiche delle diete utilizzate in Italia sovente si verificano
carenze di Ca o di P o entrambe. In particolare quella di
P è la più frequente ed una delle principali cause del prolasso utero
vaginale. Bisogna ricordare che il più lungo periodio dell'asciutta nel
bufalo vs la vacca moltiplica eventuali, anche se minimi, errori di
razionamento in questo periodo. Una carenza giornaliera di 10 grammi di P o di
Ca determina per un'asciutta di 120 giorni un depauperamento di 1200 g che
equivale rispettivamente al 24% del P e al 13,3% del Ca contenuto nelle ossa.
E' sempre opportuno conoscere la percentuale dei due minerali nei
foraggi al fine di assicurare almeno 45 g di Ca e 50 g di P die. Eccessi di Ca
durante l'asciutta causano ipoattività paratiroidea cui consegue al momento
del parto il perdurare di bassi valori di calciemia. Nella vacca da latte ciò
determina collasso puerperale talvolta accompagnato da prolasso dell'utero,
nella bufala è quest'ultimo evento che si verifica con maggior frequenza.
Dalla nostra esperienza risulta che la
suddivisione in più gruppi di produzione, in cui far ruotare i soggetti, o
l'adozione di tecniche artificiose che complicano la gestione di mandrie di
consistenza superiore ai 150 capi adulti, se da una parte risolve il problema
degli sprechi dall'altro può penalizzare la produttività dell'allevamento.
Più valida, a nostro avviso, risulta la
suddivisione in due o più gruppi nei quali suddividere le bufale dopo il
parto per sottoporle a una dieta uniforme per tutta la lattazione in funzione
della diversa potenzialità produttiva (EBM). L'adozione di questa tecnica
favorisce accumulo di riserve solo nei soggetti ipofertili che, avendo una
lattazione più lunga, resteranno per più tempo ad un livello nutritivo
elevato. La suddivisione dei soggetti in asciutta in almeno due gruppi nei
quali adottare una dieta in funzione del grado di ingrassamento raggiunto a
fine lattazione, è, a nostro avviso, l'accorgimento più pratico.
Abbiamo più volte avuto modo di constatare che
se la razione non consente alla bufala di sintetizzare un latte con il tenore
lipidico consono al suo genotipo e alla fase di lattazione del momento, la
produzione non risulta ottimale.
In particolare quando sono state esposte le considerazioni
circa i fabbisogni energetici abbiamo affermato che la bufala cerca di
adeguare il tenore lipidico del latte alla fase della lattazione. In carenza
di energia modifica di poco la percentuale di grasso e flette la produzione ma
più frequentemente non potendo produrre un latte con le caratteristiche dello
stadio di lattazione in cui si trova flette entrambi. Ovviamente altri fattori
si innescano in questo meccanismo, non ultimo l'interazione tra genotipo e
caratteristiche del razionamento.
Nelle figure 10 a e b si riporta l'andamento
della produzione e del tenore lipidico del latte di bufale allevate in due
aziende di cui una mantiene in un unico gruppo di lattazione (az.A) le bufale
fino alla produzione di 4 - 5 kg e l'altra (az. B) sposta i soggetti in più
gruppi al variare della produzione.
I
dati sono stati desunti dai controlli funzionali dell'APA. In entrambi gli
anni le bufale dell'allevamento A hanno presentato un incremento costante del
tenore lipidico in funzione della distanza dal parto mentre quelle
dell'allevamento B hanno posticipato a fine lattazione il suddetto incremento.
La persistenza della produzione lattea, indipendentemente dal livello genetico
delle due mandrie, è nettamente più favorevole nelle bufale dell'azienda A.
In quelle dell'azienda B, invece, si nota un andamento della produzione e del
tenore lipidico simile a quello delle bufale allevate in Campania negli anni
70 o a quello delle bufale brasiliane tenute allo stato brado che risentono
della produzione stagionale del pascolo (Macedo et al., 1997). Il confronto
tra le due aziende fornisce indirettamente una prova di quanto affermato.
Siamo dell'avviso che nella pratica aziendale sia
veramente difficile valutare la produzione lattea individuale in quanto la
variabilità del tenore lipoproteico fa sì che 10 kg di latte possono
equivalere a 13,9 (4% di proteine e 6,5% di lipidi) o a 18,6 (5% di proteine e
9,5% di lipidi) kg di ECM. Tutto ciò rende difficile praticare un
razionamento rispondente alle effettive esigenze dei soggetti.
Nel
caso in cui si volesse far ruotare i soggetti tra diversi gruppi di produzione
bisognerebbe riferirsi esclusivamente ai kg di ECM. Ciò è possibile solo se
si dispone della composizione chimica del latte cui normalmente provvede l'APA
che attualmente invia i risultati non prima di 30 giorni dal prelievo. In
futuro è probabile che con la telematica si disporrà dei risultati in più
breve tempo e in tal caso la suddivisione delle bufale nei gruppi di
produzione non comporterà gli inconvenienti attuali.
Nel razionare una mandria è fondamentale
ricordare che il latte di bufala è destinato esclusivamente al caseificio e
che le caratteristiche chimiche da sole non sempre sono sinonimo di idonee
attitudini casearie. A tal proposito riferiamo di alcuni esempi e di alcune
prove sperimentali già date alle stampe in cui si dimostra come il
razionamento non può derivare da un semplice calcolo matematico ma deve
essere frutto di continue considerazioni e di rapporti frequenti tra
allevatore e tecnico. Quest'ultimo, avvalendosi della sua capacità di
osservazione, dotrà conciliare i fabbisogni teorici con quelli effettivi
verificando il BCS della mandria e
il consumo di sostanza secca in particolare. In bufale a metà lattazione (132
gg) abbiamo potuto verificare (Tab. 13), ad esempio, che razionamenti carenti
mediamente in proteine grezze (- 30%) e/o in PDI (- 21%) alteravano l'indice
crioscopico. Il riequilibrio proteico riportava in pochi giorni la crioscopia
sui valori normali e incrementava anche il tenore proteico del latte (Campanile
et al., 1998).
In soggetti (Tab. 13) ad oltre metà lattazione
(164 gg) alimentati con una dieta in cui l'apporto proteico in PG e in PDI
risultava mediamente deficitario del 13% e che presentavano valori alterati di
crioscopia, in seguito ad innalzamento del tenore protieco al 12%, valore che
in linea teorica era eccedente i fabbisogni, ristabilivano valori normali di
crioscopia. In questi soggetti l'integrazione proteica determinava anche un
incremento del titolo di grasso.
Entrambe le diete di inizio e fine prova erano caratterizzate
da un basso tenore di PG/SS (< 10%) e da un elevato rapporto NSC/PG (3,95 e
3,92 rispettivamente a 132 e 164 gg) mentre quelle della fase intermedia, con
cui fu ristabilito l'indice crioscopico, furono formulate con un più alto
tenore proteico (12%) e con un più basso rapporto NSC/PG (3,04 e 2,69
rispettivamente a 132 e 164 gg).
All'inizio di entrambe le prove oltre all'indice
crioscopico alterato si notò un valore di urea nel sangue superiore a quello
teoricamente riscontrabile in funzione dei
tenori proteici della dieta. In altri termini dopo un prolungato periodo di
carenza proteica i valori di urea circolante si mantenevano su livelli tali da
non denunziare la suddetta carenza. Dopo che fu aumentata la percentuale di
proteine della dieta, inoltre, i valori di urea non furono diversi da quelli
di partenza. Una netta diminuzione dell'azotemia (e
contemporaneamente dell'urea nel latte) si osservò, invece, quando si passò
da un tenore proteico normale ad uno basso della dieta.
Questi risultati indicano che la mancata
copertura dei fabbisogni proteici e/o diete con basso tenore proteico,
specialmente se caratterizzate da un rapporto NSC/PG elevato, prolungate per
più tempo non determinano bassi valori di azotemia o di urea nel latte ma
alterano l'indice crioscopico.
![]() |
![]() |
Il livello di urea nel latte e nel sangue si riduce, invece, solo in
seguito a bruschi abbassamenti del tenore proteico della dieta determinando
abnormi valori dell'indice crioscopico. Poichè quest'ultimo parametro viene
utilizzato per il pagamento del latte è opportuno nel formulare le razioni
non utilizzare tenori proteici inferiori al 12% anche quando valori più bassi
assicurerebbero la copertura dei fabbisogni.
I valori di urea nel sangue e nel latte sono
influenzati dal rapporto NSC/CP. In presenza di una maggiore quantità di
energia fermentescibile disponibile per la microflora ruminale, infatti,
l'ammoniaca che si forma può essere più efficacemente trasformata in
proteine microbiche e ciò determina la produzione di una minore quantità di
urea (Journet et al., 1975). Nella prova descritta un basso tenore proteico
della dieta e un alto contenuto di NSC avrebbero dovuto determinare valori di
urea nei liquidi biologici ancora più bassi. Tale evento non si è registrato;
evidentemente nel bufalo si innesca un meccanismo che gli consente di
utilizzare al meglio le fonti proteiche in periodi di carenza e
lo mette in condizione di sopravvivere nelle stagioni secche dei
difficili ambienti tropicali. Nel caso di prolungata assunzione di basse
concentrazioni proteiche il bufalo è in grado, riducendo il turnover
aminoacidico tissutale, di massimizzare l'utilizzo delle fonti azotate
finalizzandole, tramite un ottimale impiego della materia organica
fermentescibile, alla produzione batterica (Bertoni et al., 1993). Il bufalo
è in grado di trasformare, inoltre, le fonti azotate in
proteine anche in carenza di energia e meglio di quanto non sia in grado di
fare il bovino (Langer, 1969) in quanto possiede un ambiente ruminale più
favorevole alla crescita di microrganismi che utilizzano l'azoto non proteico.
In definitiva rispetto alla vacca la bufala è in grado di adattarsi alla
carenza proteica (Bertoni et al., 1993) anche
quando il rapporto energia/proteine non è ottimale.
Ne sono prova indiretta gli scarsi o nulli
effetti negativi delle diete iperproteiche sull'integrità degli unghioni e
sullo stato di salute della bufala, eventi questi che si riscontrano nella
pratica corrente con diete ricche di trifoglio alessandrino nei paesi
tropicali a Nord dell'equatore o quando in primavera si utilizza il regime
verde in alcune pianure dell'Italia meridionale.
Un abbassamento dei
livelli di urea in circolo, in seguito alla riduzione della concentrazione
proteica, si è verificato con diete caratterizzate da alti valori di energia
fermentescibile. Non è da escludere che queste, favorendo l'innalzamento
dell'insulinemia, abbiano ridotto o bloccato il normale breakdown degli
aminoacidi contribuendo, così, a ridurre il livello di urea circolante.
Abbiamo effettuato successivamente altre
esperienze anche se i dati non sono stati esaminati in maniera così
particolareggiata.
Ad
inizio lattazione (Tab. 14) in soggetti scarsamente produttivi (5,5 kg di
latte) un deficit proteico del 25% e un deficit energetico teorico del 2,4%
faceva riscontrare (Farm A) un alterato indice crioscopico e una bassa acidità
titolabile (SH); anche in questo caso la correzione della dieta normalizzava
la crioscopia, l'acidità titolabile e la lavorabilità (caseificabilità) del
latte mentre incrementava in
maniera insignificante la produzione.
In un altro allevamento (Farm B) fu
riscontrata un'acidità titolabile bassa in bufale ad inizio lattazione (Tab.
14) che ricevevano una razione che apparentemente soddisfaceva i fabbisogni
produttivi, (solo quelli proteici erano deficitari di appena il 20%).
L'incremento del tenore proteico (14,12
vs 9,73%) ed energeticco (0,9 vs 0,82 UFL/ kg s.s.) della dieta riportò
l'acidità titolabile alla norma. Anche in questo caso la quantità di latte
aumentò solo lievemente.
Il mancato incremento della produzione in questi
due ultimi esempi dimostra che quando la bufala produce più di quanto è
teoricamente consentito dalla razione (il soddisfacimento del fabbisogno
proteico sembra particolarmente importante), il latte non è ottimale per il
caseificio. Il raffronto tra la produzione e la dieta, peraltro, non sempre consente di esprimersi sull'effettiva
copertura dei fabbisogni. Per il suo habitus costituzionale la bufala, come
detto in premessa, presentando una scarsa capacità catabolica, produce
ricorrendo solo in parte all'utilizzazione delle riserve. A secondo della fase
di lattazione essa modifica le caratteristiche chimiche piuttosto che la
quantità di latte o viceversa. Di solito è la verifica in caseificio che
fornisce le indicazioni circa il reale soddisfacimento dei fabbisogni
piuttosto che l'aumento o la diminuzione della quantità di latte prodotto. La
correzione della dieta, infatti, non sempre comporta un incremento produttivo
quando l'intervento viene effettuato lontano dal picco di lattazione.
Tabella 13 - Influenza della variazione della dieta sulla composizione chimica del latte. |
|||||||
DIM
inizio prova |
132
days |
164
days |
|||||
|
Prima |
Dopo |
Prima |
Prima |
Dopo |
Prima |
|
SS/
DMI (kg/d) |
15,5 |
15,8 |
15,5 |
14,4 |
14,7 |
14,4 |
|
UFL/SS |
0,83 |
0,83 |
0,83 |
0,84 |
0,84 |
0,84 |
|
PG % |
8,7 |
12,3 |
8,7 |
9,9 |
12,1 |
9,9 |
|
PG
ingerite (g) |
1357 |
1943 |
1340 |
1435 |
1779 |
1426 |
|
PDI ingerite |
852 |
1327 |
852 |
806 |
1022 |
806 |
|
ECM
(kg) |
17,17 |
17,79 |
16,41 |
12,87 |
13,53 |
12,41 |
|
Latte(kg) |
10,26 |
10,46
A |
9,2
B |
7,61
a |
7,62
a |
6,51
b |
|
Grasso
% |
8,42
a |
8,24 |
9,10
b |
8,49
A |
9,27
a |
10,09
Bb |
|
Protein
% |
4,51
Aa |
4,93
Ba |
4,79
b |
4,60 |
4,54 |
4,86 |
|
Proteine del late |
463 |
516 |
441 |
351 |
346 |
316 |
|
Fabbisogni
PG (g) |
1969 |
2114 |
1908 |
1661 |
1648 |
1566 |
|
PG
ingerite- Fabbisogni PG(g) |
-
612 |
-
171) |
-
568 |
-
227 |
+
131 |
-
140 |
|
PG
ingerite- Fabbisogni PG /Fabbisogni PG |
-
31,1% |
-
8,1 |
-
29,8% |
-
13,7% |
+
7,9% |
-
8,9% |
|
PDI ingerite- Fabbisogni PDI |
-
254 |
+
63 |
-
231 |
-
127 |
+
89 |
-
80 |
|
PDI
ingerite- Fabbisogni PDI /Fabbisogni PDI |
-
23,0% |
+
5,0%) |
-
21,3% |
-
13,6% |
+
5,4% |
-
9,0% |
|
Indice
crioscopico |
-
0,529 A |
-
0,544 B |
-
0,525 A |
-
0,509 A |
-
0,537 B |
-
509 B |
|
Azotemia |
6,1
A |
6,4
A |
3,9
B |
5,2
A |
6,1
A |
3,4
B |
Lettere differenti sulla stessa riga indicano significatività per P< 0,05 (minuscole) e P< 0,01 (maiuscole)
Tabella
14 - Influenza della variazione della dieta sulla composizione chimica
del latte nei primi 60 giorni dal parto. |
||||||
Azienda
/ Farm |
A |
B |
||||
|
Prima/
Before |
Dopo/
After |
Prima/
Before |
Dopo/
After |
||
SS
ingerita (SSI) (kg/d) |
10,8 |
15,3 |
15,23 |
19 |
||
SSI – Fabbisogni SS |
-
2,37 |
+
1,682 |
- |
+
3,55 |
||
UFL/SSI |
0,87 |
0,89 |
0,82 |
0,90 |
||
UFL
ingerite – Fabbisogni UFL |
+
0,42 |
+
3,93 |
+0,38 |
+
4,49 |
||
PG
/ CP % |
9,1 |
15,1 |
9,73 |
14,1 |
||
PG
ingerite/ CP intake (g) |
983 |
2310 |
1482 |
2679 |
||
Fabbisogni
PG/ CP requirement |
1311 |
1412 |
1864 |
1925 |
||
ECM |
7,89 |
9,52 |
15,37 |
16,17 |
||
Proteine
del latte/Milk protein |
223 |
260 |
425 |
447 |
||
PG
ingerite – Fabbisogni PG CP
intake - CP requirement (g) |
-
328 (-
25%) |
+
898 (+
63,6%) |
-
382 (-
20,5%) |
+
754 (+
39,2%) |
||
Grasso
/ fat % |
6,8 |
7,4 |
7,5 |
7,79 |
||
Indice
crioscopico / Milk freezing point °C |
-
0,521 |
-
0,532 |
-
0,531 |
-
0,535 |
||
SH° |
6,1 |
8,8 |
6,6 |
8,4 |
Cenni sull'influenza delle caratteristiche della dieta sulla produzione quanti - qualitativa del latte.
Le numerose ricerche fatte per dimostrare la migliore efficienza della
bufala nel digerire foraggi grossolani ha fornito dati di indubbio interesse
anche se essi non sono ancora pienamente utilizzabili nella pratica del
razionamento in quanto l'utilizzazione dei foraggi grossolani decresce, come
abbiamo già riferito, al crescere della digeribilità della dieta. A tal
proposito riferiamo su alcune esperienze che abbiamo accumulato nel corso
degli anni.
Tra bufale sottoposte ad una o a due mungiture (dati
di oltre 10.000 lattazioni) quelle che vengono munte due volte presentano un
più elevato tenore lipidico nel latte e una maggiore produzione. Queste
ultime entrando due volte in sala di mungitura ricevono il doppio del
concentrato e verosimilmente una dieta meno fibrosa (Tab. 15). Il tenore
proteico del latte risulta, invece, sovrapponibile.
Tale riscontro indurrebbe ad ipotizzare che la fermentescibilità della
dieta, a differenza della bovina, abbia scarsa influenza sul tenore proteico
del latte ma il continuo aumento di quest'ultimo tra il 1990 e il 1999
contraddice la suddetta tesi (Figura 11). L’aumento del tenore proteico,
poiché non sono stati effettuati sistematici piani di miglioramento
finalizzati al suo incremento ,
non può che essere ascritto al maggior impiego dei concentrati nel
razionamento. L'apporto di foraggi/capo prodotti in azienda è, infatti,
diminuito a causa dell'aumento del numero di capi/ha.
In prove condotte (Tab. 15) da ricercatori del
Dipartimento è emerso che a parità di cellulosa grezza le diete con più
foraggio determinano una minore produzione di latte e un lieve miglioramento
del tenore proteico, che dipende appunto dalla minore produzione (effetto
diluizione). A parità di foraggi all'aumentare del tenore in cellulosa
diminuisce la produzione e il tenore in grasso del latte. Ciò dimostra che più
basso è il valore energetico dei foraggi minore dovrà essere il loro impiego,
in caso contrario viene penalizzata la potenzialità produttiva dei soggetti;
in altri termini l'incidenza dei foraggi nella dieta deve essere proporzionale
alla loro qualità (Di
Palo R., 1992)..
L'influenza del razionamento sulla composizione chimica del latte
dipende anche dallo stadio di lattazione. Nei primi due mesi, ad esempio,
l'aumento della densità energetica ottenuta con l'impiego di saponi di calcio
(0,905 vs 0,866) comporta un aumento di 1,4 kg di latte mentre scarso è
l'effetto sulla composizione chimica (Tab. 16). Stessi risultati sono stati
ottenuti con acidi grassi cristallizzati a freddo (Di
Palo R., 1992; Di Palo et al, 1997).
A
lattazione più avanzata l'impiego di entrambi non stimola la galattopoiesi ma
incrementa il titolo in grasso.
Non deve meravigliare se l'aumento della densità
energetica della dieta, ottenuto con l'impiego di grassi by-pass, non sempre
determina l'incremento del titolo lipidico del latte ma esplica un effetto
positivo solo sulla quantità di latte prodotto.
Gli effetti che scaturiscono dal loro impiego
dipendono, infatti, dalla fase (catabolica o anabolica) della lattazione e
dalla condizione metabolica del momento.
Il latte, poichè deve soddisfare le esigenze del
vitello, deve presentare tra l'altro una ottimale composizione acidica del
grasso. Gli acidi grassi presenti nel latte sono per meno del 50% di
derivazione ruminale, per meno del 20% riflettono quelli presenti negli
alimenti (assorbimento intestinale) e per circa il 30% derivano dai
trigliceridi ematici Questi ultimi passano nel latte, di solito, in misura
proporzionale al tenore delle componenti lipidiche del sangue che a loro volta
sono influenzate dal soddisfacimento del fabbisogno energetico. Ciò è tanto
più vero se si considera che la presenza di pareti cellulari nelle diete per
bufala è tale da garantire la funzionalità ruminale. Per tale motivo
l'aumento del tenore lipidico del latte si verifica dopo la metà della
lattazione epoca in cui si innalza l'insulina e aumentano i trigliceridi nel
sangue in quanto i fabbisogni risultano generalmente coperti.
La composizione acidica del grasso, nonostante
che il tenore lipidico presenti ampie oscillazioni, subisce solo lievi
modifiche nel corso della lattazione in quanto come già detto esso deve
soddisfare primariamente le esigenze del vitello. Ne deriva che in carenza di
una delle tre componenti (ruminale, intestinale o ematica) si modifica poco la
composizione acidica e diminuisce la quantità di grasso nel latte.
Figura 11 - Andamento del tenore proteico (%) e lipidico (%) del
latte di bufala tra il 1990 e il 1999 (Dati A.I.A.)
tenore proteico
tenore lipidico
Tabella
15 - Influenza di alcuni fattori sulla produzione quanti qualitativa
del latte |
|||||||||||||
|
N° mungiture giornaliere |
Foraggio (%) a parità di cellulosa grezza sulla s.s. |
Cellulosa grezza (%) a parità di foraggi sulla s.s. |
||||||||||
|
1 |
2 |
43 |
51 |
24 |
30 |
|||||||
Latte
/ Milk (kg) |
5,91 |
7,35 |
9,56 |
8,56 |
7,59 |
7,38 |
|||||||
ECM
(kg) |
9,46 |
12,27 |
16,06 |
14,22 |
12,79 |
12,01 |
|||||||
Grasso/
Fat (%) |
7,8 |
8,4 |
8,53 |
8,27 |
8,45
b |
7,98
a |
|||||||
Grasso/
Fat (g) |
461 |
617 |
815 |
708 |
641 |
589 |
|||||||
Protein
/ Protein (%) |
4,5 |
4,5 |
4,46
a |
4,56
b |
4,58 |
4,55 |
|||||||
Protein/
Protein (g) |
266 |
331 |
426 |
390 |
348 |
336 |
|||||||
Mozzarella
(kg) |
1,45 |
1,85 |
2,41 |
2,16 |
1,94 |
1,83 |
|||||||
Δ
in Lit./capo/die |
|
+
5.600 |
+
3.500 |
|
+
1.540 |
|
|||||||
Tabella -16- Influenza di alcuni fattori sulla produzione
quanti qualitativa del latte |
||||||||||||
|
Saponi
di calcio /Calcium soaps |
Acidi grassi cristallizzati a freddoCrio-crystallised fatty acids |
||||||||||
|
UFL/kg
SS nei primi 2 mesi di lattazione |
UFL/kg SS nei primi 2 mesi di lattazione (dieta costante) |
UFL/kg
SS nei primi due mesi di lattazione (incrocio dei gruppi) |
UFL/kg
SS tra i 50 ed i 110 giorni di lattazione |
||||||||
|
0,905 |
0,866 |
0,923 |
0,851 |
0,923 |
0,851 |
0,944 |
0,875 |
||||
Latte
(kg) |
14,02 |
12,63 |
9,83
a |
7,6
b |
10,31
A |
8,39
B |
8,71 |
8,50 |
||||
ECM
(kg) |
23,35
a |
20,39
b |
16,09
a |
12,07
b |
15,85
a |
14,33
b |
14,14 |
12,5 |
||||
Grasso
(%) |
8,14 |
7,8 |
8,21 |
7,71 |
7,76 |
8,65 |
8,04
a |
7,49
b |
||||
Grasso
(g) |
1141
a |
985
b |
811
a |
588
b |
781 |
734 |
704
a |
621
b |
||||
Proteine (%) |
4,72 |
4,62 |
4,41 |
4,48 |
4,18
A |
4,48
B |
4,36 |
4,42 |
||||
Proteine(g) |
662 |
584 |
429
a |
339
b |
430 |
376 |
380 |
372 |
||||
Mozzarella
(kg/capo/d) |
3,60 |
3,14 |
2,42 |
1,85 |
2,40 |
2,13 |
2,11 |
2,02 |
||||
E' per questi motivi che ad inizio lattazione l'impiego dei grassi
protetti esplica un effetto favorevole sulla galattopoiesi in quanto va a
colmare eventuali deficit energetici mentre successivamente - quando
l'assunzione di sostanza secca si è normalizzata e, quindi, quando i
precursori ruminali ed intestinali sono sufficienti - determina un incremento
del titolo in grasso del latte.
L'effetto che essi espletano dipende, oltre che
dallo stadio di lattazione, anche dal livello produttivo: di solito i soggetti
più produttivi incrementano o persistono nella produzione per più tempo
mentre i meno produttivi incrementano il titolo in grasso del latte.
In una specie a scarso habitus catabolico il loro
impiego consente di massimizzare l'uso dei foraggi, favorisce la persistenza,
riduce le perdite di peso e, a parità di densità energetica, permette di
limitare il tenore in amidi che determinano ingrassamento, accorciano la
lunghezza della lattazione e nella bufala non sono strettamente indispensabili
per le sintesi batteriche.
A tal proposito, contrariamente a quanto abbiamo
precedentemente riferito circa la buona tolleranza agli eccessi proteici, la
bufala non è in grado di mantenere la sua omeostasi in presenza di eccesso di
zuccheri solubili+amido. D'estate, in Italia, nelle aziende in cui vengono
somministrati quantitativi eccessivi (oltre 30 kg) di mais fresco o sorgo
zuccherino l'acidità titolabile del latte aumenta fino a 12 SH° con
ripercussioni negative sulla caseificabiltà. Frequentemente
gli effetti del razionamento nella bufala sono meno evidenti di quelli che si
osservano nella vacca da latte. La suddetta differenza è molto più evidente
nel caso in cui il livello genetico della mandria non è elevato.
In una recente prova, tesa a studiare l'effetto
del razionamento sulla popolazione follicolare, due gruppi di bufale erano
stati sottoposti a un diverso regime dietetico: costante (gruppo A: 0,9UFL/kg
s.s.) e variabile (gruppo B: 0,9, 0,79, 0,76, 0,9, 0,68 e 0,9 UFL/kg s.s.).
Nel periodo di restrizione dietetica, ottenuta
sostituendo parte dell'unifeed con paglia, le bufale del gruppo B non sempre
mostravano una flessione della produzione lattea proporzionale alla
restrizione operata. In particolare esse diminuendo lievemente la quantità di
latte adeguavano il tenore in grasso e in proteine alle caratteristiche della
razione, utilizzando (Tab. 17) al massimo 400 g/die di riserve corporee (fase
2 e 5). In tabella la perdita di peso può essere desunta dalla carenza di UFL/die
che è stata calcolata tenendo conto dell'energia presente nel latte vs quella
assunta.
La differenza valutata in termini di kg di latte tra i due
gruppi non è stata notevole (4,65%) in quanto i soggetti del gruppo B nei
periodi in cui ricevettero la dieta caratterizzata da 0,9 UFL/kg s.s. (fase 6
e 8) produssero di più e annullarono in parte la differenza di latte prodotto.
In ogni caso la minore quantità di latte fu molto più evidente (10,20%)
allorché la produzione fu espressa in kg di ECM.
Dall'esame dei dati finora riferiti traspare che
durante il periodo sperimentale, che ha interessato una fase produttiva (129 -
263 gg dal parto) in cui si era già verificato il picco di lattazione ed era
stato recuperato la maggior parte del calo peso, vi è stato uno spreco di 92
UFL (Tab. 17) nei soggetti del gruppo A. Se si sommano le suddette unità
nutritive somministrate in eccesso a quelle risparmiate dalle bufale del
gruppo B (- 21 UFL) risulta che queste ultime hanno consumato 113 UFL in meno
che sono stimabili, valutando l'UFL a lire 400, in circa 45.200 lire. Tale
risparmio viene ampiamente annullato (Tab. 18) dal ricavo derivante dalla
differenza di circa 55 kg di latte (lire 120.000 = lire 2.200 x kg di latte) e
ancor più di mozzarella prodotta (lire 3.048/capo/die x 135 gg = lire
411.000), calcolata applicando la formula di Addeo (resa in mozzarella = (3,5
x proteina% + 1,23 x grasso%) - 0,88). In definitiva la differenza nel ricavo
tra le bufale dei due gruppi, al netto delle sole spese di alimentazione,
ammonta a lire 326.000 e diventa di lire 458.000 se si considera soltanto la
fase di carenza (Tab. 18).
Questa prova, nata per altri scopi, fornisce
indirettamente l'idea di ciò che si verifica quando le bufale vengono
alimentate non secondo i fabbisogni ma in funzione della disponibilità
foraggera aziendale o con razionamenti non corretti.
Dall'esame
della tab. 18 traspare, infine, che nell'arco della prova la densità
energetica della razione dei soggetti del gruppo B era sufficiente a coprire i
fabbisogni ((14,09 kg ECM x 0,44 UFL) + 6 UFL)/(14,09 kg ECM x 0,275 g s.s.) +
11 kg s.s.)=0,82. Si è già esposto, trattando del razionamento, come sia
necessario assicurare almeno 0,9 UFL/kg di s.s. per massimizzare l'efficienza
produttiva; tale tesi risulta comprovata dai risultati di questa prova
soprattutto se si tiene in considerazione che essi riguardano la seconda metà
della lattazione (gli ultimi 135 giorni).
Quando si esaminano i risultati di prove
sperimentali nella bufala l'interpretazione non è agevole in quanto l'effetto
di un trattamento può estrinsecarsi sulla produzione, sul tenore lipoproteico
del latte, su entrambi o su uno dei due a discapito dell'altro per un effetto
"diluizione". Più comprensibile appare il risultato se si valutano
gli ECM o ancora meglio i kg di mozzarella prodotta. A tal proposito ci è
sembrato utile riassumere in tabella 19 i kg di mozzarella prodotta/die nelle
diverse prove cui abbiamo fatto cenno. Traspare chiaramente che la produzione
di mozzarella/capo risulta maggiore allorché
si attua la doppia mungitura giornaliera (+ 27,6%), i soggetti ricevono una
dieta caratterizzata da un'incidenza di foraggi inferiore al 50% (+ 11,5%) e
di cellulosa grezza inferiore al 24% (+ 6%) e da una densità energetica
elevata nella prima fase della lattazione (+ 14,6 ÷ 30,8%). Di poco momento
è l'effetto (4,5%) dei grassi protetti oltre i 3 mesi di lattazione.
Se
ciascun allevatore trasformasse il suo latte forse starebbe più attento al
razionamento!
Un
razionamento più rispondente alle esigenze dei soggetti si traduce in una
maggiore produzione di mozzarella. Ciò dovrebbe spingere allevatori e
trasformatori a formulare regole commerciali più rispondenti alle esigenze di
entrambi, obiettivo quest'ultimo difficile da perseguire in quanto gli
interessi non sempre sono univoci. Più semplice dovrebbe essere
l'acquisizione di questi concetti quando trasformatore e allevatore si
identificano in un solo imprenditore ma anche in questo caso la lungimiranza e
la capacità di valutare il tornaconto economico sono capacità che non tutti
possiedono.
Tabella 17 - Produzioni (gruppo A: dieta costante
caratterizzata da 0,9 UFL/kg s.s.; gruppo B: dieta variabile) a
diverse distanze dal parto. |
||||||||||||||||||||
|
|
|
Δ
UFL (UFL/kg s.s.) |
Latte
kg |
ECM
kg |
Proteine
+ lipidi (%) |
||||||||||||||
|
gruppo |
A |
B |
|
A |
B |
A |
B |
A |
B |
||||||||||
Fase/ |
Giorni
di prova (Giorni lattazione) |
|
|
UFL/kg |
|
|
|
|
|
|
||||||||||
1 |
12
(129÷140) |
+
0,04 |
+
0,15 |
0,90 |
10,7 |
11,4 |
18,99 |
18,42 |
13,81 |
12,43 |
||||||||||
2 |
7
(141÷147) |
+
0,09 |
-
1,36 |
0,79 |
10,58 |
9,88 |
18,77 |
17,30 |
13,80 |
13,60 |
||||||||||
3 |
18
(148÷165) |
-
0,27 |
-
0,89 |
0,79 |
10,38 |
9,83 |
20,61 |
15,15 |
15,63 |
11,79 |
||||||||||
4 |
15
(166÷180) |
+
0,72 |
-
1 |
0,79 |
9,0 |
8,87 |
15,47 |
15,67 |
13,32 |
13,74 |
||||||||||
5 |
15
(181÷195) |
+
0,69 |
-
1,43 |
0,76 |
8,8 |
9,32 |
15,65 |
15,55 |
13,84 |
12,89 |
||||||||||
6 |
32
(196÷227) |
+
1,00 |
+
0,64 |
0,90 |
7,8 |
9,22 |
14,04 |
15,89 |
14,03 |
13,36 |
||||||||||
7 |
19
(228÷246) |
+
0,44 |
-
0,72 |
0,68 |
9,13 |
4,35 |
16,91 |
7,89 |
14,48 |
14,14 |
||||||||||
8 |
17
(247÷263) |
+
2,00 |
+
1,89 |
0,90 |
5,56 |
5,05 |
8,82 |
9,42 |
12,18 |
14,60 |
||||||||||
Totale/Total |
127 |
+
91,85 |
-
21,13 |
0,82 |
1173,9 |
1119,3 |
2118 |
1902 |
14,06 |
13,15 |
||||||||||
kg
p.v./LW |
|
+
20,41 |
-
6,04 |
|
|
|
|
|
|
|
||||||||||
Δ% |
|
|
|
|
|
-
4,65 |
|
-10,2 |
|
-
6,47 |
||||||||||
Tabella 18 – Produzioni e ricavi registrati nei soggetti
del gruppo A a dieta costante (0,9 UFL/kg s.s.) ed in quelli del
gruppo B. |
|||||||||||||||||||||||||
|
intera
prova |
fase
di eccesso |
fase
di carenza |
||||||||||||||||||||||
Gruppo/Group |
A |
B |
Δ |
A |
B |
Δ |
A |
B |
Δ |
||||||||||||||||
Latte
/Milk kg |
8,70 |
8,29 |
0,41 |
7,75 |
8,49 |
-
0,74 |
9,48 |
8,13 |
1,35 |
||||||||||||||||
ECM
kg |
15,69 |
14,09 |
1,60 |
13,56 |
14,58 |
-
1,02 |
17,44 |
13,68 |
3,76 |
||||||||||||||||
Proteine
+ lipidi (%) |
14,06 |
13,15 |
0,91 |
14,42 |
13,30 |
1,12 |
14,34 |
13,18 |
1,16 |
||||||||||||||||
UFL/s.s. |
0,90 |
0,82 |
0,08 |
0,90 |
0,90 |
0 |
0,90 |
0,756 |
0,144 |
||||||||||||||||
Δ
fabbisogno UFL/kg s.s. |
+
0,06 |
0 |
+
0,06 |
+
0,09 |
+
0,07 |
0,02 |
+
0,03 |
-
0,058 |
0,088 |
||||||||||||||||
Costo
alimentazione/die |
|
|
634 |
|
|
|
|
4.464 |
1222 |
||||||||||||||||
totale
/Total |
744 |
659 |
85 |
323 |
330 |
-
7 |
421 |
330 |
91 |
||||||||||||||||
ricavo/capo/die |
|
|
|
|
|
|
|
|
|||||||||||||||||
Totale/
Total(x 1.000) |
2.582 |
2.462 |
120 |
1.040 |
1.139 |
-
99 |
1.543 |
1.324 |
219 |
||||||||||||||||
Ricavo
- costi alimentari |
1.838 |
1.804 |
69 |
716 |
809 |
-
93 |
1.122 |
993 |
129 |
||||||||||||||||
Resa
al caseificio / |
27,46 |
26,17 |
1,29 |
26,81 |
26,36 |
-
0,45 |
27,90 |
26,00 |
1,90 |
||||||||||||||||
Mozzarella
(Lit. 14.000/kg) |
2,39 |
2,17 |
0,20 |
2,08 |
2,24 |
-
0,16 |
2,64 |
2,12 |
0,52 |
||||||||||||||||
Ricavo
/capo/die |
33.430 |
30.382 |
3.048 |
29.076 |
31.316 |
-
2.240 |
37.018 |
29.612 |
7.406 |
||||||||||||||||
Ricavo
totale (x 1.000) |
4.513 |
4.102 |
411 |
1.774 |
1.910 |
-
136 |
2.739 |
2.191 |
548 |
||||||||||||||||
Ricavo
- costi alimentari |
3.769 |
3.443 |
326 |
|
1.581 |
-
131 |
2.319 |
1.861 |
458 |
||||||||||||||||
Tabella 19 - Influenza del numero di mungiture giornaliere,
delle caratteristiche delle diete a diversa distanza dal parto sulla
produzione di mozzarella (kg)/capo/die. |
||||||||
|
N.
mungiture/die |
|
SS
(kg) |
|
|
UFL/kg
SS/DM |
|
Δ
% |
132
|
|
8,7 |
|
|
|
|
2,59 |
93,5 |
|
|
12,3 |
|
|
|
|
2,77 |
100 |
|
|
8,7 |
|
|
|
|
2,49 |
89,9 |
164 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
9,9 |
|
|
|
|
1,95 |
97,0 |
|
|
12,1 |
|
|
|
|
2,01 |
100 |
|
|
9,9 |
|
|
|
|
1,86 |
92,5 |
<60 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
9,1 |
-
2,37 |
|
|
|
1,21 |
84,6 |
|
|
15,1 |
+
1,68 |
|
|
|
1,43 |
100 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
9,73 |
0 |
|
|
|
2,32 |
95.8 |
|
|
14,1 |
+
3,55 |
|
|
|
2,44 |
100 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
0,905 |
3,60 |
100 |
|
|
|
|
|
|
0,860 |
3,14 |
87,2 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
0-95 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
0,923 |
2,42 |
100 |
|
|
|
|
|
|
0,851 |
1,85 |
76,4 |
50-110 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
0,944 |
2,11 |
100 |
|
|
|
|
|
|
0,875 |
2,02 |
95,7 |
Intera lattazione |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
1 |
|
|
|
|
|
1,45 |
78,4 |
|
2 |
|
|
|
|
|
1,85 |
100 |
|
|
|
|
43 |
|
|
2,41 |
100 |
|
|
|
|
51 |
|
|
2,16 |
89,6 |
|
|
|
|
|
24 |
|
1,94 |
100 |
|
|
|
|
|
30 |
|
1,83 |
94,3 |
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49) Zicarelli L. (1999a) Out-of-breeding-season mating tecnique in buffalo (OBSM). I Paulista Buffalo Symposium. Sau Paulo in press.
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